Giorgio Pasotti esordisce alla regia. Lo fa con discrezione, affiancandosi a Matteo Bini, a sua volta esordiente dopo avere lavorato come montatore e firmato alcuni corti, e che per l’occasione è anche autore della storia. Una storia molto semplice: Paolo è conduttore televisivo di successo, la sua trasmissione è di quelle che danno risalto ai casi umani di gente che i panni sporchi li lava in pubblico. Quando lo raggiunge la notizia che suo padre è ricoverato in ospedale torna al borgo natio, sperduto tra le valli bergamasche.

Tra lui e papà non c’è mai stato un gran feeling, babbo è stato un grande interprete di Arlecchino che lo ha portato in giro per il mondo e lontano da casa e dal figlio. Un personaggio che gli è rimasto appiccicato addosso e che usa per celiare anche quando dovrebbe dire che ha un tumore terminale.

 

Il suo grande sogno è recitare ancora l’Arlecchino con un gruppetto di compaesani. Già perché mentre Amleto continua a godere ottima salute teatrale, rappresentato in ogni dove, il coetaneo Arlecchino ormai non è più così celebrato. Morte e resurrezione di una delle figure cardine della commedia dell’arte.

Del resto la figura di Arlecchino, aldilà della vicenda raccontata, si presta in generale a interpretare i tempi grami dell’italico abitante: l’uomo che si arrabatta, che fa di necessità virtù, con la pancia sempre vuota e la zucca piena di ingegnose trovate e un abito rimediato da tante pezze, così originale da essere diventato inconfondibile, antesignano del made in Italy degli stilisti. Un canovaccio semplice quindi, che pur telefonato nel prendere le distanze dai reality show per sposare il fascino del palcoscenico, unisce anche l’eterno conflitto padri-figli, con spolveratina di ritorno alle origini e valori più umani rispetto all’alienante vita della metropoli.

Non ci sono guizzi particolari in questo Io Arlecchino, ma chi al cinema non chiede effetti speciali e armi spianate potrà trovare garbata questa storia semplice che Giorgio Pasotti interpreta anche come personale omaggio a Bergamo, sua città d’origine, e a Arlecchino sua passione attoriale. Tocca a Roberto Herlitzka il compito di rinverdire i fasti del personaggio della commedia dell’arte, e lo fa con il consueto piglio supportato da un talento che quando ha avuto modo di esprimersi al cinema ha sempre dato grande prova di sé. Completano il cast Valeria Bllello, Lunetta Savino e Gianni Ferreri.