«Da quando sono arrivato qui ieri, tutti mi fanno domande sulla situazione politica. Lo capisco, io però posso parlare del mio paese, di Israele, che si sta spostando sempre più verso posizioni di estrema destra. La cosa che ritengo incredibile è che, ad esempio, in questo momento uno dei nostri principali problemi, cioè la questione palestinese, sembra non interessare più nessuno. È come un’ondata che riguarda molti stati, non solo Israele, e che per arrestarsi dovrà infrangersi contro delle rocce. Purtroppo, siamo giunti a metà strada e temo che il peggio debba ancora arrivare». Ari Folman non sapeva che qui in Italia avrebbe ricevuto molte domande sulle conseguenze delle elezioni appena svolte. Lui è a Roma per presentare il suo nuovo lavoro, Anna Frank e il diario segreto, in sala da questo giovedì grazie a Lucky Red che lo distribuisce in Italia con duecento copie.

ERA QUASI scontato che l’attualità prendesse il sopravvento. Inoltre, il film di Folman si presta ad alcune considerazioni politiche che riguardano la realtà odierna. La nuova animazione del regista di Valzer con Bashir si svolge su due tempi che corrono in parallelo: il passato di Anna Frank, la parte più fedele al celebre diario, e il presente nel quale, come in una favola, Kitty, l’amica immaginaria creata da Anna, si trasforma in una ragazza e inizia a camminare e pattinare per le strade di Amsterdam. Così dalla tragedia della Shoah si passa a quella dei rifugiati, soprattutto dei bambini che soffrono a causa delle guerre, delle persecuzioni e che poi subiscono le odiose politiche dei respingimenti praticate in Europa.

Ari Folman
Tutti mi fanno domande sulla politica italiana. Io posso parlare solo del mio paese, Israele, che si sta spostando sempre più verso posizioni di estrema destra Presentato fuori concorso a Cannes nel 2021, Anna Frank e il diario segreto segna il ritorno di Folman dopo otto anni di duro lavoro, con disegnatori sparsi per tutto il mondo e una pandemia che inevitabilmente ha condizionato i tempi di consegna e reso difficile il confronto tra i numerosi collaboratori.

«QUESTO PROGETTO non nasce da una mia idea – ha spiegato il regista –, mi è stato proposto dalla fondazione Anna Frank di Basilea nel 2013. Io risposi subito negativamente, perché ritenevo che non vi fosse alcunché da aggiungere a quello che era già stato realizzato su Anna Frank. Ad ogni modo, la Fondazione mi dette del tempo per ripensarci. A quel punto, ripresi in mano il diario e devo dire che rimasi estremamente colpito dalla qualità della scrittura. Era sorprendente il modo in cui una ragazza così giovane osservasse e descrivesse il mondo degli adulti».
Come anticipato, la protagonista del film è Kitty, l’amica immaginaria che dall’inchiostro del testo assume le sembianze di un fantasma e poi di una ragazza dei nostri tempi che si mette sulle tracce di Anna, credendola ancora viva. Ma quello che scopre sono i monumenti eretti in nome dell’amica. Vuoti simboli che non corrispondono alla figura autentica di Anna Frank. Ad Amsterdam, Kitty trova in un gruppo di attivisti che aiutano i rifugiati, dei complici con i quali mettere in relazione gli orrori del passato con quelli del presente.

«PER FARE il film ho posto tre condizioni – ha aggiunto Folman –. In primo luogo, doveva essere realizzato per i più giovani. Insomma volevo che fosse una storia per bambini sotto forma di favola. La seconda condizione è che io potessi parlare degli ultimi sette mesi di vita di Anna Frank. Nel diario ovviamente non se ne parla perché si interrompe prima. Infine, era importante creare un collegamento tra passato e presente».
Tornando alla relazione tra arte e politica, Folman ha concluso con un’ammissione: «Quando frequentavo la scuola di cinema pensavo che i miei film avrebbero cambiato il mondo. Ero estremamente ingenuo, l’arte non può cambiare il pianeta, possono farlo i politici. Quello che noi artisti siamo in grado di ottenere sono dei piccoli risultati. Se qualcuno in Georgia o in Alabama dopo aver visto Valzer con Bashir è uscito dalla sala consapevole di quanto accaduto nel massacro di Sabra e Shatila del 1982, allora potrò dire di aver ottenuto qualcosa di importante. Se un quattordicenne magari di Rimini guardando Anna Frank e il diario segreto vuole diventare un attivista per aiutare il prossimo, allora avrò fatto il mio lavoro. L’arte e il cinema possono spingere le persone a fare piccole cose».