Hanno cominciato i proconsoli della Roma imperiale a estrarre minerali dalle viscere del promontorio che chiude a sud ovest l’attuale cala dell’Argentiera, sulla costa nord occidentale della Sardegna. Per buona parte del periodo della dominazione romana sull’isola (dalla fine della seconda guerra punica nel 238 avanti Cristo sino alla caduta dell’impero d’occidente nel 476) dalle gallerie sono venuti alla luce argento, zinco e piombo.

MA LA MINIERA HA CONOSCIUTO il suo periodo d’oro nella seconda metà dell’Ottocento, quando la concessione per lo sfruttamento dei giacimenti fu affidata prima a due imprese belghe e poi (a partire dal 1895) alla Società anonima Correboi, che mantenne la gestione degli impianti sino al 1963, anno di cessazione definitiva di ogni attività di estrazione.

Oggi l’Argentiera fa parte del Parco geominerario della Sardegna insieme con le miniere dismesse del Sulcis ed è riconosciuta dall’Unesco come uno dei più importanti siti di archeologia industriale d’Europa, patrimonio mondiale dell’umanità. Da quando i pozzi sono stati chiusi, gran parte dei terreni sono stati venduti a società immobiliari. Il posto è di una bellezza straordinaria, con i ruderi della vecchia miniera che si affacciano su un mare turchese. E intorno una natura incontaminata. Nelle case dei minatori non vive più nessuno, ma alcune famiglie, per lo più di agricoltori, popolano ancora la borgata, che ricade nel comune di Sassari.

CI SONO STATI TENTATIVI DI FAR DIVENTARE l’Argentiera uno dei tanti insediamenti turistici che costellano le coste sarde, ma con risultati deludenti e con qualche intervento urbanistico più che discutibile, per fortuna bloccato dalle legislazioni di tutela prima che diventasse uno scempio irreparabile. Ora, a indicare invece la strada giusta per tenere insieme tutela del patrimonio archeologico e recupero dei luoghi con lo scopo di sottrarli al degrado urbanistico e ambientale, c’è un progetto che nasce all’interno del dipartimento di architettura dell’università di Sassari. Si chiama MAR e a inaugurarlo ufficialmente, la scorsa settimana, è stata una tre giorni di festa e un tour attraverso i luoghi simbolici più rappresentativi dell’Argentiera.

A REALIZZARLO E’ STATA UNA STRUTTURA operativa del dipartimento di architettura che si chiama LandWorks, nata nel 2011 con l’obiettivo di organizzare workshop internazionali di arte, di architettura e di paesaggio in luoghi di particolare pregio storico-ambientale ma in forte stato di abbandono e con caratteristiche di sofferenza economica e sociale . «L’obiettivo – spiega l’architetta Paola Serrittu, project manager di MAR – è quello di valorizzazione e di rigenerare siti di particolare interesse attraverso la cultura, con il coinvolgimento di esperti, di docenti, di professionisti, di studenti di architettura, d’arte, di paesaggio e di fotografia provenienti dalle università di tutto il mondo. Fondamentale, sempre, la partecipazione delle persone che vivono nei luoghi selezionati».

IL PRIMO STEP DEL PROGETTO MAR è stato la realizzazione di una mostra permanente sulla memoria della comunità, che da sabato scorso è visitabile nei locali dell’ex Laveria della miniera, il luogo dove donne e bambini, per molti decenni, hanno separato a mano le parti buone del materiale estratto dagli scarti. «La Laveria – spiega Serrittu – è stata completamente restaurata grazie a un progetto realizzato dal comune di Sassari. Lì abbiamo raccolto materiale fotografico di archivio sulla storia della miniera ma anche, per almeno quattro quinti della mostra, fotografie e oggetti che ci sono stati prestati dalle persone che ancora vivono nella borgata. Immagini di lavoro nei pozzi e di vita familiare. E poi lampade da galleria, picconi, badili, ceste, vestiario, vecchie pubblicazioni. Il tutto compone un quadro in cui la memoria diventa un modo per riaccostarsi ai luoghi e immaginarne una proiezione futura». La parte più originale di MAR è però un intervento creativo che i curatori hanno chiamato Argentiera in Augmented Reality. «Lungo un itinerario che si snoda attraverso ruderi e case della borgata – spiega ancora Serrittu – da sabato scorso quattro installazioni artistiche di grandi dimensioni arricchiscono il paesaggio con immagini che possono essere animate grazie alla tecnica della realtà aumentata»

IL PERCORSO PARTE DALLA LAVERIA, con la visita alla mostra permanente, e prosegue snodandosi attraverso i principali edifici e i vecchi ruderi della borgata, che si popolano di grandi installazioni visive, memorie di ieri e di oggi sulla miniera, pensate per svelare un racconto in realtà aumentata, visibile all’occhio umano grazie a una app, creata dalla società milanese no profit Bepart, che può essere scaricata gratuitamente su uno smarthpone o su un tablet. «Per la realizzazione delle opere – aggiunge la projetct manager di MAR – sono stati coinvolti, attraverso una call nazionale, quattro artisti e professionisti della creatività digitale: Francesco Clerici, Adolfo Di Molfetta, Milena Tipaldo e Andrea Zucchetti.

LO SCORSO MAGGIO, DURANTE DUE settimane di residenza artistica all’Argentiera, hanno avuto la possibilità di conoscere più da vicino la storia di questo straordinario luogo e, grazie al coinvolgimento della comunità locale, hanno dato vita a quattro opere fisiche in paste up art e a quattro opere di animazione digitale, che sono diventate parte integrante del percorso del MAR.

Una quinta installazione, intitolata SOS-tieni l’Argentiera, l’hanno realizzata gli abitanti della borgata e i visitatori del progetto MAR. E’ stata presentata lo scorso lunedì nella sede di LandWorks nelle ex officine vicine alla Laveria, dove è stato allestito un set fotografico. Le immagini dei partecipanti sono state poi trasformate in enormi poster e affisse la sera su un muro nella piazza principale, piazza Emilio Marchese, diventata così una grande opera pubblica a «sostegno» del progetto di rigenerazione di questo luogo antico e bellissimo.