Ritrovata l’abituale capacità di fare sintesi politica in un macrocosmo popolato da un milione e 150mila soci in quasi cinquemila circoli, l’Arci elegge Francesca Chiavacci alla guida della più grande associazione laica italiana. Ad affiancarla come vicepresidente, anche lui eletto a stragrande maggioranza, sarà Filippo Miraglia. Mentre Luciana Castellina diventa, per acclamazione, presidente onoraria. Si chiude così il sedicesimo congresso dell’associazione, a tre mesi dalle complicate giornate bolognesi di marzo, quando a palazzo Re Enzo i lavori furono congelati. Per evitare che il confronto fra i due candidati Chiavacci e Miraglia si trasformasse in uno scontro all’ultimo voto, in uno scenario ben poco consono alla personale sensibilità di molti delegati, fedeli al principio «le diversità sono ricchezze» coniato dall’indimenticabile Tom Benetollo.

Allo stallo congressuale ha cercato di porre rimedio un comitato di reggenti formato dai 17 responsabili regionali dell’associazione e dal presidente uscente Paolo Beni. Ma è stata sopratutto la disponibilità di Filippo Miraglia a ritirare la sua candidatura a permettere una efficace mediazione. Che si è tradotta, nell’appuntamento di ieri al circolo bolognese di San Lazzaro, in un voto che ha premiato sia Chiavacci (160 sì su 168 delegati presenti) che lo stesso Miraglia (142 sì). Voti espressi da un appena nominato Consiglio nazionale di 185 membri, eletti con un nuovo meccanismo elettorale che ha previsto un 76% di quota proporzionale e un 24% a tutela delle regioni «di frontiera». Quelle più lontane dal tradizionale insediamento dell’Arci in Emilia Romagna, Toscana, Piemonte e Lombardia.

La neo presidente, prima donna alla guida dell’associazione, ha spiegato: «Abbiamo di fronte la sfida del cambiamento che vive il nostro paese e intendiamo viverla da protagonisti, cominciando dal nostro interno. Nei prossimi anni dovremo svolgere il nostro ruolo con un rinnovato protagonismo, a cominciare dalla questione dei diritti civili e della promozione della cultura, e per questo ci attende un profondo lavoro di riorganizzazione della nostra struttura nazionale, a partire dalla valorizzazione dei territori, nostro punto di forza, e dalla relazione della presidenza nazionale con essi».

Il ragionamento fatto da Chiavacci, 53 anni, fiorentina, due volte deputata con il Pds ed ex presidente dell’Arci di Firenze, sembra andare nella direzione auspicata nel marzo scorso da Luciana Castellina: «Non è un peccato che ci siano due linee – aveva osservato la nuova presidente onoraria – che da un lato guardano alla vita quotidiana dei circoli e al radicamento sociale che ne viene prodotto, e dall’altro alle mobilitazioni, ai momenti di lotta che si legano ai conflitti politici e sociali, tanto necessari oggi come lo sono stati ieri. La forza dell’Arci è quella di avere al suo interno entrambe le modalità di azione. C’è chi vorrebbe che ne fosse accentuata una, e chi invece pensa che andrebbe privilegiato l’altro aspetto. Il ruolo del ‘centro’ è quello di stimolarle tutte e due».

Nell’ordine del giorno unitario che ha chiuso il congresso, elaborato dai presidenti regionali e integrato dalla stessa Chiavacci, viene ribadita la necessità del cambiamento, di fronte a una crisi economica e sociale che non accenna a finire. Al tempo stesso la neo presidente ha osservato: «In una fase i cui i corpi intermedi sono sotto attacco, ora più che mai è necessario andare controcorrente. Perché per l’Arci la partecipazione è democrazia».