Eccoci immersi nei gironi dell’inferno, nei deserti sterminati, fissati negli occhi da insetti filiformi o da bradipi prigionieri: siamo nuovamente a Cinemambiente di Torino diretto da Gaetano Capizzi, il festival che si tiene dal 31 maggio al 5 giugno, ideato nel ’98 per portare alla luce, in maniera sistematica, non solo ciò da cui dobbiamo guardarci per non restare avvelenati, ma anche nuovi modelli di vita, la sensibilizzazione a una cultura dell’ambiente. E da quest’anno torna anche l’ingresso libero alla manifestazione che è organizzata dal Museo del cinema e dall’associazione CinemAmbiente, con prtoiezioni in cinque sale oltre al cinema Massimo anche in periferia al piccolo cinema di via Cavgnolo il Cecchi Point di via Cecchi, il Baretti e la sala Poli. Si inaugura in un modo pensabile solo a Torino, con la Bike Gala, «la pedalata più elegante del mondo» dove sarà riservato in sala il posto ai partecipanti in abiti eleganti. Poco prima di toccare le situazioni più estreme e lontane.

È il caso di Serra Pelada – A Lenda da Montanha de Ouro di Victor Lopes (Brasile 2013) che torna su un luogo misterioso del Brasile diventato famoso per le fotografie di Salgado, che ha già ispirato film d’avventura, teleserie e persino un documentario commentato con la voce di Orson Welles. (Gold lust dell’84). Era un serra, una collina, inaspettatamente fu trovato quell’oro che inutilmente i conquistadores pensavano avrebbero trovato nel nuovo mondo e nel giro di pochi anni la collina è stata scavata da migliaia di cercatori tanto da diventare un lago. Ma un lago avvelenato poiché l’uso del mercurio utilizzato per l’estrazione ne ha compromesso lo stato di salute. Qui vediamo autentiche scene bibliche, gironi dell’inferno a cui sono legati gli individui dal colore di fango che salgono e scendono su scale e gironi, attenti a fare in modo che nel piccolo appezzamento a loro destinato di dieci metri per dieci (la legge brasiliana è assai precisa in materia di estrazione) non entrino a sottrarre qualche pagliuzza quegli estranei che si muovono altretanto freneticamente: un luogo assai simbolico della natura umana, una replica esatta da 45 gradi di calore dei cercatori del Klondike sotto la neve che raccoglievano attorno a sé mercanti d’armi, prostitute e avventurieri di ogni sorta. Altri cercatori d’oro in Amazon Gold di Reuben Aaronson dove si esamina la distruzione della foresta causata dallo sfruttamento delle miniere d’oro illegali, un’emergenza ambientale guidata dal biologo attivista Enrique Ortiz. Uno dei paradisi terrestri e come uscirne – altro scenario utile alla meditazione – è La Selva Tranquila di Christian Chapman, paul Jason, Cody Troyer (Perù) dove nella giungla di Iquitos in Amazzonia, una riserva naturale vivono gli indigeni consapevoli della missione di riuscire a conservare il patrimonio naturale e che un tempo dava da vivere per tutti: ora il territorio è accerchiato dai tagliatori di alberi, dai pescatori che impoveriscono le acque, dai cacciatori di frodo che vendono al mercato bradipi, scimmie e tartarughe. A dispetto dello stato che riconosce i diritti ancestrali di chi abita in quelle zone, è molto pià insinuante lo sfruttamento selvaggio del territorio, causato dalla mitezza degli abitanti proiettati nel passato, nel ricordo di tutti gli insegnamenti dei padri a riconoscere le virtù medicinali delle piante, ma non a contrapporsi ai visitatori indesiderati.

In un altro continente, nell’India, nel nord del Gujarat sono spazzati via i verdi paesaggi delle foreste amazzoniche e lo scorrere lento dei fiumi: My Name is Salt di Farida Pacha (Svizzera India): qui un unico colore domina il paesaggio, il bianco assoluto, un colore così poco consono alla sensibilità indiana. Eppure quel colore funereo dà da vivere a decine di migliaia di persone che una volta all’anno, dopo il passaggio dei monsoni arrivano con le loro famiglie per «coltivare» il sale, si direbbe, tanto è simile l’uso degli attrezzi che adoperano, i gesti e il raccolto. Delimitare il campo di raccolta, costruire gli argini, fare fluire le acque, recitare le preghiere di ringraziamento o di protezione, quelle preghiere che i bambini imparano già a scuola («questo magnifico mondo è il nostro tempio» cantano sotto la lacera tenda e in un paesaggio desertico, piatto e completamente desolato). E poi si costruire un rastrello per «arare» le acque si direbbe, e cominciare a raccogliere il sale che si deposita via via sempre più consistente e cristallizzato. Un film che gli appassionati dei film di deserti non potranno lasciarsi sfuggire, non un semplice documentario, ma un’epopea della sopravvivenza resa ancora più abbagliante da un lavoro incantevole sulla monocromia.

Si passa quindi a Totò: non si può far a meno di pensare a lui e al suo gesto un po’ ruspante guardando il film sulla movimentazione degli «Scec» che peraltro sono state ideati a Napoli. L’oro dei folli di Elena Viglino parla proprio di una nuova concezione dello scambio e di un nuovo tipo di chèques, quelle carte utili allo sconto in circolazione in parecchie città e legate alle associazioni, Scec acronimo di Solidarietà che cammina. Lavorare per 1200 euro al mese? si chiede la regista. Compone una lettera di dimissioni e si mette a fare un film per cercare di capire come funziona il denaro, l’economia. Dove è il trucco. Cosa si può contrapporre. Ad esempio la solidarietà contro l’egoismo e la sopraffazione. L’esempio dell’Arcipelago Scec parte da Napoli, passa per Roma adottato dal IV municipio, per Genova, per l’Emilia Romagna (basta guardare online). È addirittura arrivato fino nella foresta messicana, nel Chiapas, dove un ragazzo romagnolo che pratica questa iniziativa solidale ha spiegato non senza destare curiosità, come funziona questo metodo che consente di pagare nei negozi affiliati, in denaro ma anche con un tagliando che comprende lo sconto.

E, per restare a Napoli, Raffaele Brunetti presenta al festival domenica 1 giugno Zero Waste – Napoli senza monnezza, un ritorno del regista dopo venti anni nella sua città natale, dove procede tra surreali piramidi di spazzatura in compagnia del Sindaco De Magistris e del Professore americano guru della teoria Zero Waste, che sostiene possibile azzerare i rifiuti, non solo a San Francisco ma anche a Napoli. Questo è solo un piccolo assaggio delle tante finestre sul mondo che spalanca Cinemambiente: i concorsi dei film nazionali e internazionali, il concorso «la Casa di domani» dedicato al futuro, focus e sezioni fuori concorso, un workshop il 3 e il 4 giugno per i giovani cineasti interessati al documentario ambientale (focalizzato soprattutto su come muoversi nell’inestricabile foresta della produzione), Ecokids in collaborazione con Legambiente Piemonte dedicato ai bambini, presentazione di libri al Circolo dei Lettori.