Mattia è un grande viaggiatore. Lo fa con piacere, ogni volta «affacciarsi» è una boccata di stupore e poi lui vede il mondo da una prospettiva particolare: è piazzato sulla testa di un macchinista (un vero gigante), ma si porta dentro una spina nel cuore: non aver conosciuto i suoi genitori. Anzi, ne ha anche un altro di problema ed è il famoso «dito grattatore», che improvvisamente può chiudere nella notte eterna i contatissimi giorni da passare sulla terra.
Vita di un pidocchio chiamato Mattia (Salani, pp. 110, euro 9) è il divertente memoir di questo parassita, terrore delle scuole, scritto da Fernando Aramburu, l’autore del fortunato Patria e Anni lenti (entrambi in Italia per Guanda). Paesi baschi e donne che hanno la forza di ribaltare le sorti della collettività sono gli ingredienti privilegiati dei suoi romanzi. E anche qui, in questo «mondo pidocchioso» sarà una «ragazza» mangiatrice di sangue e con un bel rostro acuminato a cambiare la storia di Mattia, rivelandosi sua sorella. Purtroppo per loro, anche la cute può essere militarizzata e infestata da pattuglie di soldati, pronti a schiavizzare i nuovi arrivati: il compito per i prigionieri- costretti ai lavori forzati è sradicare la forfora dai capelli. Una fatica immane, che conduce alla morte in men che non si dica. Essendo la libertà una chimera pure per i pidocchi, il territorio a disposizione per scorrazzare a piacimento è completamente sotto controllo: è un regno, amministrato da un capriccioso monarca con signora (che poi, arcistufa, lo mollerà). A Mattia non resta che tentare la fuga e , nel mezzo, concedersi brevissimi momenti d’amore per resistere con una fanciulla pelosetta e magrolina.
Metafora del mondo e dei suoi governi sbruffoni, della prevaricazione che sempre trova spazio per manifestarsi, soprattutto se c’è qualche «straniero» come bersaglio, la storia di Aramburu contempla però un happy end ad uso e consumo dei bambini: il potere verrà rovesciato e, tutto sommato, abbandonare la testa umana – densa di pericoli – per vivere con gli animali è altamente consigliabile. Si possono incontrare le pulci: sono grasse ma gentili con gli estranei. Più dei propri simili.