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Arabo israeliani, dopo l’unità è l’ora delle divisioni

Arabo israeliani, dopo l’unità è l’ora delle divisioniIl leader del partito Hadash, Ayman Odeh – Basel Awidat / Flash 90

Israele/elezioni Dopo l'esperienza della "Lista unita", i partiti arabi vanno divisi al voto del 9 aprile. Non è escluso un aiuto dall'esterno a un possibile governo centrista guidato da Benny Gantz

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 23 febbraio 2019
Michele GiorgioGERUSALEMME

Benyamin Netanyahu ha fiuto politico. Accusando l’altra sera i suoi rivali centristi, Benny Gantz e Yair Lapid, leader della lista unita “Blu e bianco”, dati dai sondaggi in vantaggio sul premier uscente, di voler arrivare a un accordo post-elettorale con i partiti arabi, non ha soltanto agitato il solito spauracchio della “minaccia araba” nel cuore dello Stato di Israele. Ha anche voluto far sapere di essere consapevole che, dopo il voto del 9 aprile, i seggi arabi nella Knesset potrebbero risultare decisivi per la nascita di una coalizione centrista alternativa a quella di ultranazionalista e religiosa che intende formare lui. Ma è una possibilità reale?
«La ritengo assai improbabile ma non può essere esclusa» dice al manifesto l’analista politico Wadie Abu Nassar di Haifa «scorrendo i sondaggi, Gantz e Lapid prima di ogni altra cosa hanno bisogno di convincere i partiti degli ebrei ultraortodossi a far parte del loro ipotetico governo e ad abbandonare Netanyahu. Solo in quel caso i voti dei parlamentari arabi sarebbero determinanti». Il partito Likud di Netanyahu è dato tra tre e sei seggi dietro “Blu e bianco”. Allo stesso tempo, prosegue l’analista, il premier uscente, sondaggi alla mano, dopo il 9 aprile dovrebbe poter contare a destra complessivamente tra i 58 e i 62 seggi sui 120 della Knesset. Gantz e Lapid, considerando tutti possibili alleati al centro e a sinistra, al momento viaggiano sui 50-52. Quindi per arrivare ad almeno 61 seggi dovrebbero concedere parecchio ai partiti religiosi – cosa ardua con il laicista di ferro Lapid al governo – e poi raggiungere una difficile intesa per ottenere i voti delle formazioni arabe lasciandole allo stesso tempo fuori dal governo. «Non dimentichiamo – aggiunge Abu Nassar – che la maggioranza degli arabo israeliani non vede di buon occhio la collaborazione con forze politiche che credono nell’uso della forza contro i palestinesi (nei Territori) e non appaiono intenzionate ad abolire la legge su Israele-Stato della nazione ebraica approvata l’anno scorso».
A far pensare a un “aiuto” dall’esterno a un possibile governo guidato da Gantz e Lapid sono state le dichiarazioni rilasciate un paio di settimane fa dal deputato Ahmad Tibi, del partito Taal, che dopo aver lasciato la “Lista unita” di tutte le formazioni arabe (13 seggi alla Knesset) aveva detto che dopo il voto valuterà qualsiasi scenario politico se l’obiettivo sarà quello di mandare a casa Netanyahu. L’altro giorno Tibi è tornato, in parte, all’ovile e si è alleato con Hadash, il fronte progressista guidato dal comunista Ayman Odeh contrario all’appoggio a “Blu e bianco”. Intanto, tra la sorpresa di molti, i nazionalisti progressisti di Tajammo (Balad), allo scopo di superare la soglia di sbarramento (3,25%), presenteranno una lista elettorale con gli islamisti moderati di Raam. Dopo la stagione unitaria ora prevale quella della divisione che per i palestinesi in Israele significherà la perdita di due-tre seggi alla Knesset.

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