In Arabia saudita sono presi di mira in particolare gli intellettuali, le attiviste dei diritti delle donne, i commentatori online, gli esponenti della minoranza sciita e i difensori dei diritti umani.

Resta vietata l’esistenza di partiti, sindacati e associazioni a tutela dei diritti umani: nei mesi passati sono stati vari i casi di lavoratori arrestati per aver chiesto migliori condizioni di lavoro.

I prigionieri politici sarebbero almeno 10mila ma sono definiti dalle autorità «terroristi». La polizia compie ogni anno centinaia di arresti arbitrari e Amnesty International denuncia l’uso sistematico della tortura per estorcere confessioni ai detenuti e l’imposizione di pene violente e umilianti.

Come nel caso del poeta e artista palestinese Ashraf Fayadh condannato per «apostasia» a 800 frustate oltre a otto anni di carcere. Decine di condanne a morte sono state eseguite anche quest’anno; più di 150 persone erano state giustiziate nel 2016 e 158 condanne a morte erano state eseguite nel 2015.

Si moltiplicano anche le intimidazioni e gli attacchi contro la minoranza sciita, di pari passo con la linea anti-iraniana di Riyadh.