M9 sta per Museo del ’900 e apre le sue porte il primo dicembre a Mestre. Rischiando l’ossimoro, il complesso architettonico che lo ospita appare sontuoso e discreto. Discreto perché non svetta, non infrange la skyline della città, ma si lascia scorgere all’improvviso, ormai prossimi all’ingresso, a poche decine di metri da piazza Ferretto. Sontuoso perché una volta a ridosso si erge possente con le sue volumetrie, i colori non urlati delle piastrelle rettangolari di ceramica che ne rivestono le facciate. Colori che richiamano quelli della torre GSW di Berlino e degli uffici Maciachini di Milano progettati, come M9, da Matthias Sauerbruch, architetto tedesco formatosi a Berlino, poi all’Architectural Association di Londra e passato per l’Oma di Rem Koolhaas, e Louisa Hutton, architetta inglese anche lei specializzatasi all’Architectural Association.
Giunge così in porto un’idea nata una decina di anni fa, sulla quale la Fondazione di Venezia ha investito 110 milioni di euro. Un progetto di riqualificazione urbana, realizzato con materiali ecologici, che grazie a 276 pannelli fotovoltaici punta alla sostenibilità sul piano energetico e all’autosufficienza economica.

AL CENTRO DEL COMPLESSO architettonico, che comprende l’ex convento di Santa Maria delle Grazie, l’edificio dove ha sede il Museo. Al piano terra la biglietteria, l’ingresso all’auditorium-sala cinematografica 4K di 200 posti, il museum shop, il bar e il ristorante; al primo e secondo piano gli spazi espositivi per una superficie di 2610 metri quadrati; il terzo, di 1400 metri quadrati, dedicato alle mostre temporanee, la prima dal 22 dicembre su L’Italia dei fotografi. 24 storie d’autore, a cura di Denis Curti.

M9 SI È AVVALSO di un numero impressionante di documenti rastrellati in centocinquanta archivi italiani e del lavoro di un gruppo di giovani studiosi, tra i quali gli storici Michelangela Di Giacomo, Fedra Pizzato, Livio Karrer e Giuseppe Saccà. A dirigerlo è stato scelto Marco Biscione, antropologo di formazione, già alla guida del Mao di Torino, con alle spalle una lunga esperienza maturata alla Direzione istruzione e cultura della commissione europea.
M9 incarna l’ultimo stadio della concezione museale, che fa dell’immaterialità la propria cifra. Il visitatore non vedrà «cose» (gli unici oggetti sono raggruppati in due armadietti). Nel primo grande museo multimediale italiano il visitatore vedrà migliaia foto, video, grafici e pannelli. Ascolterà registrazioni audio, scegliendo a quali dedicare maggiore attenzione. Deciderà il percorso da seguire, in quali installazioni 3D indugiare e, attraverso i pannelli touch, a quali ulteriori informazioni accedere.

AL PRIMO PIANO quattro sezioni: Demografia e strutture sociali; Consumi, costumi e stili di vita; Scienza tecnologia e innovazione; Economia, lavoro, produzione e benessere. Altre quattro al secondo: Paesaggi e insediamenti urbani; Stato, istituzioni e politica. Qui, entrando nella spettacolare «arena politica» si è avvolti a 360 gradi da filmati che accompagnano discorsi di Mussolini, Togliatti, Craxi e Moro, impersonati (con una scelta forse non felicissima) da attori. Poi le sezioni dedicate all’Educazione e all’identità degli italiani.
M9 racconta una storia che, per fondarsi nel contesto geopolitico, muove dall’annessione del Veneto al Regno d’Italia (1866) e che s’arresta con l’attentato alle Torri Gemelle (2001). Una storia più degli italiani che dell’Italia. Una storia socio-antropologica, che mette al secondo posto (e piano) la politica, che privilegia i processi sugli avvenimenti, le trasformazioni fisiche (i volti, i corpi) e mentali degli italiani, del paesaggio, i processi di modernizzazione dell’economia e della società sui mutamenti politici.

SCELTE, PESO e collocazione dei vari temi possono essere in alcuni casi discutibili, ma percorso e sequenze tematiche sono dotate di sicura coerenza espositiva, narrativa e didattica. M9 non vuole solo sorprendere e avvolgere il pubblico, pretende coinvolgerlo. In questo senso M9 è un progetto di Public history. Un museo più da frequentare che da visitare, pensato come centro propulsore per iniziative di discussione e approfondimento di carattere storico. Questa la sfida. Questo il terreno sul quale valutare la riuscita del progetto.