Le mani aprono un pacco, una pila di quaderni illustrati tenuti insieme da uno spago che le forbici tagliano delicatamente. Li fanno scorrere uno dopo l’altro, i disegni ci dicono che sono libri per bambini: colori, pupazzi, animali buffi, il tratto spensierato di un tempo della vita che si immagina felice. Le parole sulle copertine sono in russo, la lingua delle fiabe e dei poeti, degli scrittori, dei rivoluzionari, dei pensatori liberi e perseguitati. Quelli che appaiono su altre copertine, su altri libri: Cechov, Anna Achmatova, Limonov, Nina Berberova, Tolstoj, Slovskij, Puskin, Mandel’stam… Il Novecento balena tra le edizioni di una biblioteca importante, nomi e letture che il presente sembra troppo spesso dimenticare.

A propos de nos voyages en Russie (A proposito dei nostri viaggi in Russia)  è il nuovo lavoro di Angela Ricci Lucchi e Yervant Gianikian, presentato al Centre Pompidou di Parigi qualche giorno fa al termine di due giornate di studio dedicate alla loro opera dal titolo: «Politiche e uso critico delle immagini d’archivio». E il film è in sé una sorta di archivio, una valigia piena dei loro strumenti di ricerca: letture, oggetti, esperienze e vissuti di cui si nutre- come suggerisce il titolo –  il loro prossimo film, Nos voyages en Russie,I nostri viaggi in Russiaancora in lavorazione. Forse anche per questo le immagini «in movimento» lasciano il posto a una serie di fotogrammi fissi che riprendono uno per uno i materiali utilizzati in questo film di preparazione: vecchie pellicole, fotografie dell’era zarista, della rivoluzione russa e degli anni a seguire, gli acquerelli di Angela Ricci Lucchi, qualche frase dei personaggi di cui si parla, commenti, testi. La Russia tra gli anni Venti e Trenta con le sue avanguardie artistiche massacrate dal potere che saranno protagoniste di Nos voyages in Russie. E la trama storica che racchiude quei fatti, un prima, un dopo, il senso di un tempo. Gli autori hanno incontrato nei loro viaggi gli ultimi esponenti di quella stagione, come la vedova di Boris Barnet che li ha ricevuti aprendogli non solo la casa ma anche la scatola delle sue memorie, i preziosi ricordi di una vita.«Li abbiamo filmati con rispetto, senza sovrapposizioni idelogiche» dicono Gianikian e Ricci Lucchi. L’idea è quella di raccogliere le loro parole e le loro testimonianze prima che scompaiano per sempre.

«Archivi viventi» li chiamano i registi queste meravigliose figure ma ogni archivio nelle loro mani lo diviene perché nell’avvicinarsi a quanto vi scovano, con pazienza e ostinazione, ne fanno emergere l’attualità, l’essenza di una Storia che si proietta sul presente. E questo anche quando utilizzano il proprio girato, basta pensare a un film come Diario 1989. Dancing in the Dark (2009) in cui le immagini riprese nelle diverse feste dell’Unità in Romagna poco prima della caduta del muro di Berlino sembrano già rivelare la trama futura del cambiamento e quanto accadrà a quel «popolo» danzante negli anni a venire.

A' propos de nos... 09
A guardarlo A propos des nos voyages en Russie, insieme alle tracce di un lavoro in corso contiene gli elementi che attraversano con costanza la loro creazione artistica. La Russia intanto, la sua cultura e i suoi conflitti, un terreno sensibile e un riferimento prezioso in quel «catalogo» della loro opera che è il Novecento.

E non solo perché non può essere altrimenti, ma perché lì in qualche modo ci sono le origini di Gianikian, armeno, che nella storia della sua famiglia porta il genocidio compiuto contro gli armeni dalla Turchia – che continua a negarlo con caparbia determinazione. Oriente e Occidente: a cosa è più vicina la Russia?

Così nella Romagna di Angela Ricchi Lucchi – è nata a Lugo – c’è la Russia vista dall’Italia: il Pci che di quella regione per lunghi anni è stato la forza politica dominante e il riferimento di una lettura della realtà.

I giocattoli di altri tempi  sono i protagonisti di Ghiro Ghiro Tondo (2007), giochi «innocenti» eppure segni inequivocabili della propaganda (siamo negli anni del fascismo) che condiziona l’epoca a cui appartengono. Saranno innocenti queste fiabe «liberate» dall’involucro mentre le filmano?

In una canzone – di Vysockij. il cantautore «teppista» morto nell’80 senza che nessun media sovietico ne desse notizia, amato da Josif Brodskij che lo aveva definito «il miglior poeta della Russia» – si narra della manguste che un tempo vivevano allegramente, amate e rispettate. Poi all’improvviso hanno cominciato a essere perseguitate, non servivano più, non c’era più bisogno di loro. Mangiavano i serpenti, le vipere col veleno ma l’uomo adesso ha bisogno di questo, di una nuova crudeltà.

Nel 1890 Cechov decide di raggiungere l’isola di Sakhalin, nell’estremo nord, a migliaia di chilometri da Mosca, dove erano deportati tantissimi condannati con le loro famiglie. In una lettera al suo editore descrive le spaventose condizioni in cui vivono uomini, donne e bambini in quei luoghi, torturati, affamati, divorati dalle malattie. Sono dei dimenticati per sempre – L’isola di Sakhalin viene pubblicato nel 1895. In qualità di medico Cechov visita i prigionieri ma non ci sono medicine per curare le malattie che li divorano; ai forzati viene rasato per metà il cranio, le loro mogli arrivate lì libere per seguirli come le prigioniere sono costrette a prostituirsi coi carcerieri e con gli altri forzati.

«Sakhalin è l’unico luogo in cui sia possibile studiare una colonizzazione compiuta da criminali … è un inammissibile luogo di sofferenze… L’intera Europa colta sa chi sono i responsabili: non i carcerieri, ma ognuno di noi» scrive.

E intanto questi «appunti» di un film a venire – e un film essi stessi – ci hanno raccontato un mondo. La Storia e l’esperienza dei due artisti, il metodo con cui compongono la loro opera. Qualcosa di intimo e di prezioso di cui ci hanno reso partecipi. Una «lezione» magnifica di cinema.