È stato approvato nella serata di ieri dal Consiglio dei Ministri, il nuovo decreto «salva Ilva». Il premier Matteo Renzi in conferenza stampa ha dichiarato che il Cdm ha dato il via libera al testo e che il ministro Guidi e Galletti lo presenteranno nei prossimi giorni. Il documento, ha spiegato Renzi, «è in una forma diversa da quella letta sui giornali». Il «prestito ponte» da parte delle banche attraverso il meccanismo della prededuzione aprirà agli istituti di credito una corsia preferenziale nella riscossione del credito vantato rispetto agli altri debiti contratti dalla società. Tale prestito si è reso necessario per garantire all’Ilva quella liquidità necessaria per evitare alla società un fallimento oramai alle porte. Rivisti anche i tempi di attuazione del piano ambientale per i lavori di risanamento previsti sugli impianti inquinanti: l’80% dei lavori dovrà essere concluso entro il 31 luglio 2015, per poi completarli entro agosto 2016, termine temporale entro il quale finirà il periodo di commissariamento dell’azienda. Infine, resta la figura del sub commissario.
Intanto a Taranto andava in scena lo sciopero indetto da Fiom, Fim e Uilm, per spronare il governo a risolvere quanto prima la situazione dell’Ilva. La mobilitazione ha visto l’astensione dal lavoro nelle ultime quattro ore del primo turno, dalle 11 alle 15, e nelle ultime quattro del secondo, dalle 19 alle 23. Nonostante i sindacati abbiano parlato di sciopero riuscito e di impianti bloccati, l’adesione allo sciopero degli operai diretti non ha superato il 20%. Decisamente maggiore, invece, la risposta arrivata dai lavoratori delle 200 ditte dell’indotto e dell’appalto Ilva, che attendono dall’azienda pagamenti arretrati di mesi con un accumulo di crediti che tocca quasi i 50 milioni di euro. I lavoratori hanno aderito nella quasi totalità.
Resta comunque molto tesa la situazione all’interno della fabbrica: da un lato ci sono Fiom, Fim e Uilm che provano a tenere unite le file degli iscritti, evitando che la situazione sfugga di mano e chiedendo al governo «certezze sul futuro ambientale e occupazionale»; dall’altro Usb, Cobas e il comitato «Liberi e Pensanti» che, anche se percorrendo strade completamente diverse, attaccano i metalmeccanici perché ritenuti complici della situazione in cui l’Ilva è precipitata negli ultimi due anni.
Infine, sempre ieri il pm di Milano, Stefano Civardi ha chiesto la condanna di Fabio Riva a 5 anni e 4 mesi di carcere ed una maxi confisca del valore complessivo di complessiva di 91 milioni di euro per tutti gli imputati, al termine della sua requisitoria nel processo sulla presunta truffa allo stato da parte della Riva Fire, la holding di famiglia che controlla la maggioranza delle azioni dell’Ilva Spa. Insieme alla società, sul banco degli imputati ci sono Fabio Riva e altre due persone (dopo la scomparsa del patron Emilio): sono tutte accusate di associazione a delinquere e truffa. Secondo l’accusa, sarebbe stata creata una società ad hoc in Svizzera, l’Ilva Sa, per aggirare la normativa sancita dalla legge Ossola sull’erogazione dei contributi pubblici per le imprese che esportano all’estero. Un escamotage che avrebbe permesso alla Riva Fire di truffare lo Stato italiano per circa 100 milioni di euro. È per questo che il rappresentante della pubblica accusa ha chiesto di confiscare a tutti gli imputati i 91 milioni di euro già sottoposti a sequestro preventivo. Nel corso della requisitoria, il Pm – che ha chiesto di applicare a Riva Fire una sanzione pecuniaria pari a 2 milioni e 250 mila euro – ha parlato di «circuito criminale tra i diversi soggetti», spiegando che Ilva Sa è «una società estero vestita fittizia, creata soltanto per percepire contributi». Per questo motivo, il legale del Ministero dello Sviluppo Economico ha chiesto 120 milioni di euro di danni patrimoniali e morali nei confronti di Fabio Riva. Secondo il legale di parte civile, le «operazioni» messe in piedi da Fabio Riva erano «dirette ad ingannare» la Simest, società pubblica controllata dalla Cassa Depositi e Prestiti, dalla quale l’Ilva avrebbe avuto stanziamenti che non poteva ottenere. La sentenza è attesa per il prossimo 21 luglio.