È bastato mettere online un appello anonimo e ieri sera le firme dei docenti universitari contrari al Green pass erano già oltre 400. I firmatari docenti si uniscono alle diverse petizioni «no pass» presentate in questi giorni da gruppi di studenti in molte università italiane.

A differenza di molti appelli studenteschi, quello degli accademici non si oppone alla vaccinazione in sé: «Molti tra noi hanno liberamente scelto di sottoporsi alla vaccinazione anti-Covid-19, convinti della sua sicurezza ed efficacia. Tutti noi, però – prosegue l’appello – reputiamo ingiusta e illegittima la discriminazione introdotta ai danni di una minoranza». Tra chi ha firmato l’appello ci sono persino docenti favorevoli all’obbligo vaccinale, come il popolarissimo storico Alessandro Barbero. «Un conto è dire ‘Signori abbiamo deciso che il vaccino è obbligatorio perché è necessario, e di conseguenza, adesso introduciamo l’obbligo’: io non avrei niente da dire su questo», ha spiegato Barbero. Altra cosa, ha aggiunto, non avere il coraggio di imporre l’obbligo e usare le discriminazioni per convincere a vaccinarsi.

Secondo gli estensori, l’obbligo di Green pass per entrare all’università contrasterebbe sia con la Costituzione – «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge» – che con il regolamento europeo sul Green pass, secondo cui «è necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone (…) che hanno scelto di non essere vaccinate».

In realtà, l’eventuale contrasto tra il Green pass italiano e il diritto comunitario è già stato valutato da Bruxelles, su interrogazione dell’eurodeputato leghista Antonio Maria Rinaldi. Il suo ricorso è stato respinto in quanto il regolamento europeo si riferisce solo all’uso del Green pass nel disciplinare i movimenti tra uno Stato e l’altro dell’Ue. «L’applicazione a livello nazionale dei certificati Covid-19 per altri scopi (quale l’accesso ad eventi o ad attività ricreative in uno Stato membro) non rientra quindi nell’ambito di applicazione dei regolamenti sui certificati Covid digitali dell’Ue», ha stabilito il commissario europeo per la giustizia, il belga Didier Reynders.

I promotori auspicano che «si avvii un serio dibattito politico, nella società e nel mondo accademico tutto (…) per garantire il diritto allo studio e alla ricerca e l’accesso universale, non discriminatorio e privo di oneri aggiuntivi». Il riferimento va alla possibilità di ottenere il pass anche senza vaccino, sottoponendosi però a tamponi antigenici periodici a proprie spese.