Il filone partenopeo dell’inchiesta Romeo si è arricchito di un nuovo capitolo: è stato perquisito ieri l’ufficio di Emanuele Caldarera, direttore generale per la gestione e la manutenzione del Palazzo di giustizia di Napoli. Il dirigente è stato iscritto nel registro degli indagati per corruzione in concorso con Alfredo Romeo.

Emanuele Caldarera è sospettato di aver sbloccato il pagamento di alcune fatture a favore della Romeo Gestioni (che ha in appalto il servizio di manutenzione e pulizia della cittadella giudiziaria) in cambio dell’assunzione della figlia in un’azienda del gruppo e del trasporto di «masserizie presenti» dal suo ufficio romano al nuovo ufficio napoletano. Le fatture erano state bloccate dal predecessore, Antonio Mungo, per presunte irregolarità nei conteggi dell’azienda.

Gli indagati sono in tutto quattro: oltre a Caldarera e Romeo, anche Agostino Iaccarino e Tommaso Malerba (manager e geometra della Romeo). Sono stati perquisiti anche gli uffici della holding su disposizione dei pm Henry John Woodcock e Celeste Carrano, che scrivono a proposito del Sistema Romeo: «Ispirato tout court alla corruzione ovvero alla sistematica realizzazione di reati contro la pubblica amministrazione che hanno riguardato tutti i rapporti e tutte le relazioni intrattenute dallo stesso Romeo con ogni soggetto della ’cosa pubblica’ a tutti i livelli». Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando (sfidante di Matteo Renzi alla segreteria Pd) ha chiesto un rapporto informativo su Caldarera, che potrebbe essere sospeso.

Romeo è indagato a Napoli e Roma per corruzione, nel mirino l’appalto da 2,7miliardi della Consip, vicenda per la quale è indagato per rivelazione del segreto d’ufficio e favoreggiamento il ministro dello Sport Luca Lotti. Ieri in Senato si è votata la mozione di sfiducia contro Lotti, all’epoca sottosegretario alla presidenza del Consiglio. A tirarlo in ballo il dirigente della Consip Marco Gasparri che, una volta scoperto di essere sotto indagine per corruzione, ha deciso di collaborare con le procure. «La nomina dell’amministratore delegato di Consip Luigi Marroni è stata ’sponsorizzata’ da Renzi e da Lotti, e per la verità lo stesso Marroni non ne fa mistero; si tratta di una nomina politica» spiega Gasparri nell’interrogatorio del 16 dicembre. Il verbale fa parte degli atti depositati in vista dell’udienza del tribunale del riesame, che dovrà esprimersi sulla permanenza di Romeo a Regina Coeli.

E’ stato Marroni a raccontare ai pm di aver saputo, tra gli altri, da Luca Lotti dell’inchiesta Consip: avrebbe fatto bonificare gli uffici, eliminando così le cimici dei carabinieri del Noe, proprio grazie alla presunta soffiata. E’ stato ancora Marroni a raccontare delle pressioni che avrebbe ricevuto dal padre dell’ex presidente del consiglio, Tiziano Renzi, e dal suo amico Carlo Russo per agevolare Romeo e l’holding francese Cofely, secondo i pm vicina a Denis Verdini. Marroni, ha aggiunto Gasparri il 28 gennaio, «non faceva mistero di essere di osservanza ’renziana’, peraltro era noto che era stato assessore alla regione Toscana in area Pd ed era stato direttore generale di una Asl toscana». L’ad Consip ha deciso di non rispondere al legale di Tiziano Renzi, che sta svolgendo indagini difensive.

Riguardo poi alle amicizie politiche che sarebbero state attivate da Romeo per i bandi Consip, Marco Gasparri racconta: «Mi disse che erano interventi ad altissimo livello e accompagnò con un gesto che enfatizzava il livello apicale dei suoi interlocutori. Io pensai che potesse essere o il ministro dell’Economia o il presidente del Consiglio o qualcuno vicino».
E ancora, su Carlo Russo: «Romeo mi chiese se io conoscevo un certo Russo, dicendomi che era un faccendiere legato al Pd. Russo gli aveva detto di conoscermi, concluse il discorso dicendomi di stare alla larga da lui».