La diciannovesima edizione del Future Film Festival di Bologna (2-7 maggio) ospita, all’interno della programmazione, uno spazio dedicato al cinema indipendente italiano che nel corso degli ultimi due decenni ha scelto di mettere in scena il fantastico, il soprannaturale. Il tentativo, attraverso sei lungometraggi e otto cortometraggi, è quello di percorrere una via alternativa a quella che di solito viene illuminata quando si ha a che fare con il cinema italiano: un percorso fatto di astronavi ‘improvvisate’, come quelle su cui si muovono i protagonisti di Apollo 54 di Giordano Giulivi e Bandits on Mars del collettivo John Snellinberg; di reminiscenze di Edgar Allan Poe e H.P. Lovecraft; di lupi mannari e demoni, antiche leggende popolari e squarci di un futuro angoscioso, e per nulla rassicurante. Tralasciando per una volta il thriller e il giallo, che tanta parte hanno avuto nella storia del cinema italiano, si è deciso dunque di aprire le porte solo a coloro che non hanno avuto timore di scontrarsi con l’irreale, il fantasmatico, l’orrore puro e la fantascienza. Generi oramai quasi completamente disabitati dal cinema italiano. In molti hanno espresso meraviglia poco più di un anno fa di fronte alle disavventure del protagonista de Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, ma l’indie italiano da almeno due decenni sta producendo, con le scarse risorse a disposizione, un cinema inventivo, ricco di idee, in grado si sposare sci-fi e commedia, horror e grottesco, fantasy e romanticismo. Senza avere, se non in casi estremamente fortuiti, la possibilità di raggiungere le sale, e di farsi conoscere dal pubblico.

Un’apocalisse a basso costo, per l’appunto (ma le scarse possibilità economiche portano con loro un lavoro ancora più duro e serrato), che può contare su ideali padri, quali Eros Puglielli (presente a Bologna con Dorme, il film che diresse a 19 anni, e il corto Il pranzo onirico) o l’udinese Lorenzo Bianchini, del quale si vedranno gli horror I dincj de lune e Custodes bestiae, per arrivare a cineasti più giovani ma non meno agguerriti, da Paolo Gaudio a Donatello Della Pepa, da Federico Sfascia ai livornesi Licaoni. Un cinema che non si ferma al GRA romano ma trova spazi spesso disabitati dalle produzioni istituzionali, come dimostrano il Veneto di Vigasio Sexploitation di Sebastiano Montresor e Ultracorpo di Michele Pastrello, o il delta del Po in cui si agitano angosce ne Il mistero di Lovecraft – Road to L. di Federico Greco e Roberto Leggio.