«Indebite interferenze e pressioni da parte di volontari, consistenti nell’imporre l’ascolto del battito fetale o nella promessa di sostegni economici o beni di consumo, con il preciso intento di dissuaderle dalla scelta di abortire, personalissima e spesso sofferta». Questo il contenuto di una nota diffusa ieri dal Centro Donne Contro la Violenza di Aosta sulle segnalazioni ricevute da parte di alcune donne che si sono recate in presidi sanitari pubblici regionali per accedere alla interruzione volontaria di gravidanza.
Immediate le reazioni: «oggi siamo alle prese con la violenza istituzionale esercitata sulla scelta delle donne sulla maternità consapevole», ha dichiarato all’Ansa Antonella Veltri, presidente della rete Di.Re. con cui il Cav aostano è in sinergia e si dice pronto a monitorare la «corretta applicazione» della legge 194. L’allerta è tuttavia più generale e, con l’emendamento riguardante la presenza delle associazioni pro-vita nei consultori e nei presidi pubblici, si è fatta più urgente.

IL CENTRO Donne Contro la Violenza di Aosta, attivo sul territorio regionale da 25 anni, descrive l’allarme nelle parole della sua presidente Anna Ventriglia che indica il timore della «legalizzazione di queste pressioni» capaci di aumentare «i condizionamenti nei confronti delle donne». Solidarietà e sdegno arrivano da Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera: «spero che la vicenda verrà affrontata adeguatamente dalle autorità». Anche la senatrice Pd Valeria Valente invita a riflettere sulla gravità di queste pratiche, «chiunque le eserciti». Non tarda neppure la nota dell’associazione Laiga 194, che definisce «illegali» simili pressioni, là dove avvenissero, perché «la legge non dice da nessuna parte di fare ascoltare il battito». Che si tratti di «un’intromissione tremenda», come la definisce Maria Gabriella Moscatelli, presidente di Telefono Rosa, è dunque condivisa da molte.
Secondo Viviana Rosi, attivista del collettivo valdostano Non Una Di Meno: «la preoccupazione è legittima, la Valle d’Aosta risente ovviamente del clima generale del Paese, resta tuttavia il fatto che i medici obiettori sono qui in numero decisamente inferiore alla media nazionale e che l’applicazione della 194 è garantita».

«VARIE ASSOCIAZIONI familiari di stampo ultracattolico – prosegue Rosi – operano da anni con il sostegno dell’amministrazione regionale e la sanità valdostana vive una situazione di grande affanno e depauperamento dei servizi. La situazione lascia intravedere la possibilità che il clima sia sempre più favorevole ad attività dei provita fino a poco tempo fa limitate alla recitazione del rosario per i feti abortiti. Riguardo a quest’ultimo punto, anni fa facemmo (con l’associazione Dora. Donne in Valle D’Aosta, ndr) un picchetto all’ospedale regionale Beauregard chiedendo all’azienda usl di prendere provvedimenti per evitare che queste veglie di preghiera non si svolgessero nella cappella ospedaliera. Ci risposero che non ne sapevano nulla».
Nella serata di ieri, durante l’evento pescarese organizzato da Fdi, la ministra Eugenia Roccella ha risposto sull’episodio sollevato dal Cav aostano specificando che: «Non è stato certamente un volontario a fare questo perché per fare sentire il battito c’è bisogno di una ecografia e di un ginecologo, quindi è stata una prassi di un ginecologo ed è giusto che emerga sulla stampa questa cattiva prassi medica».

In una nota, pronta e netta, diffusa ieri dall’Ausl locale, si apprende tuttavia che «non risultano volontari di associazioni provita nei consultori o in ospedale e che nessuna segnalazione in tal senso è arrivata all’Azienda né da parte di cittadini né da parte di associazioni (…) Erogare buoni servizi sanitari nel rispetto delle norme vigenti è l’unico fine dell’Azienda e di tutto il Sistema sanitario regionale. Chiediamo a cittadini ed associazioni di segnalarci in modo circostanziato eventuali episodi anomali in modo da poter permettere verifiche puntuali approfondite ed efficaci a tutela di tutti». Anche il Movimento per la vita – Centro di aiuto alla vita di Aosta, fa sapere «che non svolge attività presso presidi sanitari pubblici del territorio regionale» e auspica «una puntuale indagine dell’Ausl che possa fare chiarezza sulle segnalazioni denunciate».

NEL FRATTEMPO la presidente del Centro Donne Contro la Violenza di Aosta, Anna Ventriglia, affida la replica alle agenzie: «Siamo protette dall’anonimato, dalla riservatezza delle donne (…) Dato che l’Usl dice che non ci sono state segnalazioni allora le nostre donne dicono il falso? Però delle segnalazioni a noi sono arrivate, l’unico modo per gestire determinate situazioni è parlarne».