In prossimità delle elezioni per l’Europarlamento risulta molto utile discutere del volume curato dai due studiosi e docenti di diritto pubblico comparato Giuseppe Martinico e Leonardo Pierdominici, dal titolo, evocativo e provocatorio, di Miserie del sovranismo giuridico. Il valore aggiunto del costituzionalismo europeo (Castelvecchi, pp. 245, euro 23.50), che verrà presentato domani a Roma, presso la Fondazione Basso (ore 17, trasmesso anche in streaming sul canale youtube della Fondazione).

SI TRATTA DI UNA RACCOLTA di studi volutamente multidisciplinare, in cui storici, giuslavoristi, scienziati politici, esperti del diritto euro-unitario e costituzional-comparatisti si confrontano sulla dialettica, anche conflittuale, che attraversa il processo di integrazione continentale in una prospettiva istituzionale composita e multilivello, a partire dalla ricostruzione del «carattere socioeconomico pluralista dei Trattati europei», presentata nel primo saggio qui raccolto, costituito da una sintesi dell’ampia ricerca svolta da Clemens Kaupa in The Pluralistic Character of the European Economic Constitution.

E il comune punto di analisi è proprio questo: accettare che l’accidentato percorso di unificazione europea, così come si è evoluto a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, sia da sempre caratterizzato dall’esistenza di visioni giuridiche, economiche e sociali contrastanti, come del resto accade per la dimensione statale del confronto e conflitto politico. Evitando però di rimanere schiacciati da una polarizzazione che sacrifica la visione pluralistica e sociale del costituzionalismo democratico della (tarda) modernità europea e finisce per confinare il processo di integrazione sovranazionale nella mortifera morsa di un conflitto ideologico tra dogmatiche gabbie escludenti, tanto della sovranità assoluta dello Stato-nazione, quanto della triste scienza tecnocratica dell’austerità monetarista.

PERCIÒ LA FORZA di questa ricerca collettiva è quella di lanciare il cuore oltre gli speculari e neutralizzanti ostacoli del «nazionalismo metodologico» e del riduzionismo economicistico tecno-finanziario, per proporre un’analisi critica ed evolutiva delle politiche euro-unitarie «da un punto di vista europeo e non nazionale», partendo dalla consapevolezza che la «condivisione della sovranità divenga un moltiplicatore di potenza e democrazia», per riprendere ancora una volta le parole di quel visionario europeista di Ulrich Beck (1944-2015), del quale si sente sempre più la mancanza.

CERTAMENTE, il primo obiettivo critico di questa ricerca collettiva è quello di schierarsi contro i prodotti ideologici più distopici di quel nazionalismo metodologico, che declina la sovranità come concetto identitario chiuso, in cui l’assolutezza dell’appartenenza nazionale genera meccanismi di esclusione, riducendo gli spazi del pluralismo politico, sociale, culturale, in una tendenza autoritaria all’interno dei singoli Stati-nazione e ampliando i pregiudizi nazionalistici nella dimensione continentale e globale (tra Paesi mediterranei e nordici; tra «vecchia» e «nuova» Europa; tra Europa e Oriente; tra cristianesimo e islam; etc.).
Al contempo, i dieci saggi contenuti in questo volume permettono di prendere sul serio le possibilità di un costituzionalismo sociale europeo, nella prospettiva di uno spazio continentale inteso non solo come unione economica e monetaria, ma come vero e proprio nuovo soggetto politico, tra emergenza di una solidarietà sovranazionale post-pandemia e inedita regolazione giuridica. Come in parte accade con le indicazioni di protezione sociale universale adottate in applicazione del Pilastro europeo dei diritti sociali, oppure in materia digitale (per regolare il lavoro su piattaforma e con il primo AI Act adottato in questi giorni), nell’assenza di opinioni pubbliche e classi dirigenti all’altezza della situazione, dinanzi a due guerre sul fronte orientale europeo e mediterraneo.

PER QUESTO CONSIGLIAMO questi saggi, come via di fuga contro le retoriche nazionaliste e tecnocratiche, per un pensiero europeo condiviso contro le attuali guerre, per non morire né sovranisti, né liberisti, direbbe forse qualche candidato alle prossime elezioni europee, qualora leggesse questo libro.