Cresce l’ansia per la sorte di Amedeo Ricucci, inviato Rai, Elio Colavolpe, fotografo, Andrea Vignali, documentarista, e Susan Dabbous, giornalista italo-siriana, entrati in Siria dalla Turchia. Di loro si sa poco o nulla da giovedì scorso quando sono stati fermati da un gruppo che fa parte della galassia della lotta armata anti-Assad. La Farnesina ha chiesto il silenzio stampa per favorire una soluzione positiva della vicenda. I giorni però passano e ci si domanda sino a quando i giornalisti dovranno essere considerati “trattenuti”, come li definisce il ministero degli esteri, e non dei sequestrati a tutti gli effetti.

La vicenda dei reporter italiani aggiunge un altro tassello all’orrendo mosaico della guerra civile siriana. Il bagno di sangue è incessante a causa dei bombardamenti aerei governativi anche su aree abitate, dei combattimenti tra soldati e ribelli e degli attentati jihadisti che prendono di mira anche Damasco. E’ di almeno 15 morti e 27 feriti il bilancio dell’attacco, in apparenza  kamikaze, avvenuto ieri nella capitale, tra la piazza Sabaa Bahrat, dove è situata la Banca Centrale, e la zona residenziale di al-Shahbander. Nell’ultimo attentato suicida compiuto a Damasco, il 21 marzo scorso, per uccidere il religioso sunnita Ramazan al-Buti, mufti della Repubblica e vicino al regime, morirono in totale 49 persone.

Dall’inizio della crisi nel 2011 sono stati uccisi 70mila siriani, stando ai calcoli fatti dalle Nazioni Unite. Una ong, in un rapporto reso noto ieri, riferisce che nel corso del 2011 vi è stata una media di 147 uccisi al mese, salita a 572 nel 2012. All’orizzonte non si intravede una soluzione politica credibile e, più di tutto, sostenuta dai paesi che appoggiano l’una o l’altra parte in guerra. L’opposizione, spinta dallo sponsor Qatar, respinge l’idea di un compromesso con il regime e punta, con i suoi miliziani, a vincere la guerra ora che riceve armi in quantità soprattutto attraverso il confine meridionale con la Giordania. Dall’altra parte Bashar Assad non ha alcuna intenzione di farsi da parte ed è convinto di essere l’unico garante della stabilità futura del paese. Nel frattempo il pericolo di un allargamento del conflitto resta forte, in particolare in Libano. Se con i ribelli combattono migliaia di jihadisti provenienti da ogni angolo del mondo arabo e islamico, dalla parte di Assad combattono sciiti libanesi e, pare, anche iracheni. Nelle ultimi giorni, scrive il quotidiano Mustaqbal di Beirut, sono stati riportati in Libano i corpi di 11 combattenti di Hezbollah caduti, pare, negli scontri con i ribelli siriani nella zona di Qusayr, tra Homs e il confine libanese, e nella battaglia durata due giorni intorno al sito sciita di Sayida Sakinah (Damasco).

Di Siria ha discusso in Turchia, con il premier Erdogan e il ministro degli esteri Davutoglu, il Segretario di Stato John Kerry che in questi giorni ha visitato anche Ramallah e Gerusalemme in un tentativo, velleitario, di rilanciare la trattativa israelo-palestinese.