Una scena di “Lola” di Jacques Demy

Claude Lelouch nel 1966 dirige una delle più avvincenti storie d’amore cinematografiche: Un uomo, una donna. Vedovo lui, pilota automobilistico, vedova lei, segretaria di edizione, si incontrano su una spiaggia e ritrovano tra mille malinconie una nuova possibilità affettiva. Un film epocale, seppure non amato da tutti per il suo sapore zuccheroso, da melodrammone che anticipa quel che succederà molti anni dopo con le serie tv sentimentali. Per inciso questo film è stato premiato a Cannes ex aequo con il suo contraltare, il corrosivo Signore & signori di Pietro Germi. Protagonisti assoluti sono Jean Louis Trintignant e Anouk Aimée che fa incetta di riconoscimenti come migliore attrice: Golden Globe, Bafta, e nomination all’Oscar. Per Anouk è la consacrazione definitiva dopo anni di interpretazioni di rilievo, non solo in Francia ma ovunque venisse chiamata.

NICOLE FRANÇOISE Florence Dreyfus, ma lei dice di non essersi mai chiamata Nicole e che il suo vero nome sarebbe stato Judith. Era nata a Parigi il 27 aprile 1932. Figlia dell’attore teatrale Henry Dreyfus detto Murray e di Geneviève Sorya anche lei attrice conosciuta. Una predestinata quindi? Neanche per idea. Anche perché la famiglia è di origine ebraica e per evitarle persecuzioni da parte degli occupanti nazisti e dei collaborazionisti viene mandata in campagna dove adotta il nome di Françoise Durand (vero cognome della madre). Al termine del conflitto rientra a Parigi. In un ristorante cinese dove sta cenando con la madre viene notata dal regista Henry Calef che le affida il ruolo di Anouk nel film La maison sous la mer (Tragico incontro). La ragazza è giovanissima, quattordici anni, ma possiede un fascino e un’eleganza naturale che la rendono unica. Già l’anno successivo Marcel Carné la scrittura per La fleur de l’age, sceneggiatura di Jacques Prévert che la ribattezza Anouk, come il personaggio del suo film precedente, e Aimée perché davvero benvoluta da tutti. Il film rimane incompiuto per questioni produttive. Ormai però la via è segnata, come il nome. Dopo essere apparsa in diversi film per tutti gli anni ’50, per Anouk arrivano i «favolosi» anni ’60. Comincia con La dolce vita di Fellini, prosegue con Lola di Jacques Demy (perfetto ruolo inconsueto) ritorna a Fellini con 8 ½, sino al trionfo di Un uomo, una donna (che avrà poi un paio di seguiti, uno immediato e uno tardivo). Su quel set incontra anche un amore reale, Pierre Barouh, autore della colonna sonora (quel Chabadabada che tutti ricordano) che diventa suo marito per qualche anno. Era già stata sposata brevemente con Edouard Zimmermann, poi con Nikos Papatakis, proprietario tra l’altro di un cabaret in Saint-Germain-des-Prés (da cui ha avuto l’unica figlia Manuela che ha dato l’annuncio della sua scomparsa), e dopo Barouh con Albert Finney, oltre a una successiva convivenza con Elie Chouraqui.

“La tragedia di un uomo ridicolo” di Bernardo Bertolucci (1981)

Pur con una pausa negli anni ’70 (si era trasferita a Londra con Finney per diversi anni), dai successi di Fellini e Demy ha poi lavorato con moltissimi grandi registi, tra gli italiani Vancini, Blasetti, De Sica, De Bosio, Risi, Festa Campanile, Bertolucci, Bellocchio (che con Salto nel vuoto le permette di vincere di nuovo il premio per l’interpretazione a Cannes), tra gli internazionali Litvak, Neame, Aldrich, Lumet, Cukor, Skolimovski, Altman, Kaurismäki, Loridane Ivens e un’infinità di francesi.

LA SUA È SEMPRE stata una presenza «alta», più o meno contemporanea di Brigitte Bardot (BB è di due anni più giovane) non potevano differenziarsi più di quanto non sia stato nella realtà, sia nell’immagine che nella professione. Bionda, estroversa, provocatoria, esagerata una, contenuta, scura, misteriosa l’altra. Così diversa anche da Catherine Deneuve, Anouk forse più simile, per aspetto, non per temperamento a Fanny Ardant. La sua ultima apparizione cinematografica è stata nel 2019 in I migliori anni della nostra vita, sempre di Lelouch, sempre accanto a Trintignant per far rivivere cinquanta anni dopo quel grande amore cinematografico. Ma c’è stata anche molta televisione, molto teatro, molta vita, posta sempre davanti alla professione e qualche vezzo come quello di non voler parlare dell’età quando questa era ormai piuttosto avanzata. Aveva ragione perché tutti noi siamo rimasti affascinati da questa donna capace di sedurre senza esagerare, magnetica, magnifica, magistrale, incerta sul proprio vero nome ma entusiasta del battesimo di Prévert: Anouk Aimée.