È da salutare con favore la riproposizione, messa in campo dalle Edizioni Readerforblind, di Cristo fra i muratori (pp. 376, euro 19), il romanzo che Pietro Di Donato – abruzzese trapiantato negli Stati Uniti – pubblicò a New York nel 1939, imponendosi come voce non trascurabile della letteratura più socialmente impegnata. I motivi sono molteplici. Il primo: il traduttore Nicola Manuppelli consegna una versione che enfatizza il carattere sperimentale della scrittura di Di Donato, tra realismo e gusto per la deformazione, e che valorosamente recupera porzioni di testo ignote al pubblico italiano. Il romanzo ebbe, difatti, una ricezione complessa. Pubblicato nel 1941 e riedito tre anni dopo da Valentino Bompiani, fu censurato e svuotato delle sue parti più politicamente rilevanti, non senza invasive modifiche nell’intreccio e nella presentazione dei personaggi.

LA PRIMA TRADUZIONE, del resto, si doveva probabilmente a Eva Amendola, consorte di Giovanni Amendola, in collaborazione fattiva con un non meglio identificato traduttore antifascista. Quanto bastava a segnare, in quegli anni, la sorte del testo.
L’ulteriore motivo di interesse risiede nella pregnanza politico-culturale del romanzo, che, scritto da un esponente della classe operaia italo-americana, è non solo un esempio di proletarian novel (da leggersi accanto al più noto Furore di Steinbeck – sempre del ’39 – a cui nelle storie letterarie più avvedute è spesso associato), ma anche un documento etnografico della condizione operaia negli Stati Uniti degli anni Trenta, restituzione cruda di un capitalismo barbarico che colpisce e distrugge corpi, esistenze, intere famiglie. Lo sottolinea in modo pertinente Sandro Bonvissuto nella sua partecipata ed efficace prefazione.

D’ALTRA PARTE, quel che colpisce del romanzo di Di Donato – e che vale come anticipazione di temi e motivi che troveranno sfogo in Italia solo nel Secondo dopoguerra (con l’eccezione del quasi coevo Tre operai di Carlo Bernari) – è la rappresentazione del capitale, di cui il «Job», inteso letteralmente come impiego e per estensione come luogo della sopraffazione, è la perfetta allegoria: una forza che, devota alla mera valorizzazione di se stessa e al cieco accumulo di ricchezza, schiaccia le vite operaie sullo spazio ambisce a porsi come unica ragione possibile. Partendo dalla propria biografia, Di Donato racconta la morte sul lavoro del padre, la disperazione della perdita, le disagiate condizioni materiali di una famiglia costretta allo schiavismo e, con una meticolosa restituzione dei fatti, demolisce il sogno americano, fornendo una versione per nulla addolcita della vita degli immigrati italiani all’inizio del secolo scorso.

Ma Cristo fra i muratori – il cui titolo originale, Christ in Concrete, ancor più evidenziava il peso decisivo accordato alla dimensione materiale del lavoro – è anche e soprattutto il racconto di un’emancipazione: Paul, l’alter ego del narratore, l’orfano che per sostenere la famiglia va lavorare ancora bambino nel cantiere, subisce una metamorfosi ideologica che lo conduce a distanziarsi criticamente dalla cultura italiana e religiosa di cui è imbevuto (e della quale ha interiorizzato anche l’accettazione della prepotenza) e ad avvicinarsi all’impegno politico. L’incontro con un altro immigrato, l’ebreo russo Louis Molov, la cui storia familiare è legata alla battaglia anti-zarista, gli indica la strada verso una più coerente visione di sé e della sua appartenenza di classe.

UN’ANTICIPAZIONE del «metellismo» italiano, si potrebbe dire. Resta però lontana la volontà di rappresentare un percorso emancipativo lineare: i passi del piccolo Paul verso una decisiva coscienza proletaria si collocano sul terreno traballante e non garantito del Job, che insinua il dubbio e favorisce la rassegnazione. È questo uno degli aspetti rilevanti del romanzo, perché l’anti-epico Di Donato, accanto al realismo spietato (e di scuola) dei momenti più tragici, insegue strade stilistiche di matrice modernista che risultano inaspettate e che gli permettono di rilevare i contorni meno scontati delle vicende umane e dei conflitti in campo.