La maggior parte sono avvenuti in mare: dal galeone svedese Vasa alle navi affondate nel Mediterraneo in epoca antica, costellando il fondo di tesori ancora inesplorati. Qualcuno, come Steven Callahan, in tempi più moderni, è andato alla deriva per 76 giorni nell’Atlantico. Ma non sempre i naufragi – che risuonano oggi in noi con il loro carico di disperazione per una civiltà interrotta di fronte ai migranti inghiottiti dalle acque – appartengono alle onde oceaniche. Avvengono nei cieli, come quello dell’autore del Piccolo Principe. O nelle giungle, come testimonia il soldato fantasma giapponese, rimasto a difendere l’isola di Lubang dopo la fine della guerra per trent’anni (sulla sua vicenda incredibile, Il crepuscolo del mondo di Werner Herzog).

Anna Vivarelli con il suo Naufraghi e naufragi (Sinnos, pp. 176, euro 14, illustrazioni di Amedeo Macaluso) ha indagato i recessi misteriosi dell’essere umano, che possono affiorare d’improvviso, pure con il colare a picco di una baleniera.

Le sue dieci storie relative a naufragi (letterari, mitologici o reali) appaiono in un momento in cui il mare – luogo di vita e morte – è più che mai un simbolo dei tempi che viviamo. Cosa può dirci al riguardo?
Il naufragio è sempre stato una metafora letteraria della nostra precarietà: rimanda all’incertezza del traguardo, alla potenza della natura che distrugge i nostri progetti e ci mostra la nostra fragilità. Ma, al tempo stesso, racchiude in sé anche l’anelito all’approdo e alla salvezza. Il naufrago che resiste alle onde, al deserto, alle privazioni e sopravvive, non è mai la stessa persona che ha iniziato il viaggio. Il naufragio è una ferita che può trasformarsi in un nuovo inizio. Dall’Odissea a Moby Dick, fino a vicende molto vicine a noi, narrare un naufragio è descrivere un’umanità che, per scelta o per necessità, non è mai ferma in un luogo e si muove verso l’ignoto pur conoscendone i rischi. Per questo, le storie vere che ho voluto raccontare non sono soltanto legate al mare: si può naufragare ovunque. E a volte il naufragio è un dramma individuale, altre è una tragedia collettiva.

Come ha scelto il tema?
L’idea è nata durante le settimane del lockdown, e non credo sia un caso. Avevo molto tempo, avevo il silenzio della città, insieme a un’inquietudine che non era solo mia ma di tutti. Pian piano, ho accumulato letture storiche, letterarie, soprattutto biografiche e mi sono resa conto che quelle storie, più o meno lontane da noi nel tempo e nello spazio, avevano un filo che le legava in una grande tela: parlavano tutte di tenacia e forza di volontà, del desiderio di esplorare il mondo, di sfidare la natura. Dell’illusione di dominarla, ma anche di disperazione e necessità della fuga. A volte, parlavano di ostinazione e arroganza, il rovescio umano della forza.

Fra i tanti naufragi e naufraghi che ha studiato, qual è quello che la ha più colpita?
Sicuramente mi ha colpito la figura gigantesca di Ernest Shackleton, che conoscevo in modo sommario. Paradossalmente, più leggevo di lui e dell’Endurance, più l’uomo reale si allontanava, e la sua personalità assumeva contorni mitici, quasi da supereroe. Ma il naufrago che mi ha coinvolto pure emotivamente è Louis Zamperini. È stato capace di costruirsi non una, ma tante vite, ricominciando ogni volta da capo: da giovanissimo teppista a predicatore di pace, e in mezzo la gloria sportiva come riscatto, ma anche la guerra, la prigionia e, infine, il perdono.

 

SCHEDE

Mr Alce e Lindo porcellino
Il talento di Mr. Alce di Inga Moore (autrice inglese cresciuta in Australia e poi tornata nel suo paese: vive in una casa palladiana nel Gloucestershire) è l’albo che racconta il fascino della lettura: il «talento» è quello infatti che porterà Mr Alce prima ad accogliere nel suo salotto volpi, tassi, cinghiali e chiunque avesse voglia di ascoltare storie, poi ad allestire un bibliobus nel bosco per permettere agli animali di accedere a libri e fantasia (Orecchio Acerbo, pp. 48, euro 18) . Poetico, sia perché in versi sia per la leggerezza dello spirito che pervade visioni e filastrocche è Dolce come un cetriolino lindo come un maialino di Carson McCullers (pseudonimo di Lula Carson Smith, 1917-1967, scrittrice di Il cuore è un cacciatore solitario). Per tutta la vita assediata da problemi di salute, due anni dopo aver pubblicato questo libro di poesie per bambini dichiarò che non avrebbe più scritto. L’albo, uscito per Bompiani (pp. 32, euro 15) è corredato dai raffinati disegni di Rolf Gérard, scenografo e pittore tedesco nato nel 1909 a Berlino e morto a Ascona nel 2011.

La mostra di Beatrice Alemagna
Le cose preziose. L’ostinata ricerca di Beatrice Alemagna è il titolo della monografica dedicata all’illustratrice presso Palazzo Paltroni a Bologna (fino al 26 aprile). Curata da Hamelin con il sostegno di Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e la collaborazione della Children’s Book Fair (che per il suo 60/o compleanno ha dato ampio spazio a illustratori e illustratrici con molte mostre sparse), presenta oltre 200 opere, con un significativo corpus di materiali inediti – schizzi, bozzetti, grandi disegni e taccuini. Il percorso espositivo non segue un ordine cronologico e si concentra sui nodi più profondi della poetica dell’artista: la centralità degli spazi, la rappresentazione dell’infanzia, la progressiva mutazione nell’approccio al racconto, l’importanza degli oggetti. In «Addio Biancaneve» (Topipittori), Alemagna si spinge verso la pittura, narrando la fiaba dal punto di vista della matrigna. Ad accompagnare la personale, c’è il volume «Alfabeto Alemagna», curato da Hamelin e inserito nella collana Topi Saggi edita da Topipittori.