Ankara chiama, la Nato frena
Turchia Il governo chiede una riunione di emergenza dell’Alleanza ma Berlino esclude un intervento militare contro l’Isis e si dice «preoccupata» degli attacchi contro i kurdi. Nel paese scontri e morti. Alle fiamme stazioni di polizia e sedi dell’Akp. Migliaia gli arresti
Turchia Il governo chiede una riunione di emergenza dell’Alleanza ma Berlino esclude un intervento militare contro l’Isis e si dice «preoccupata» degli attacchi contro i kurdi. Nel paese scontri e morti. Alle fiamme stazioni di polizia e sedi dell’Akp. Migliaia gli arresti
È il giorno della verità per la Turchia. Si svolge oggi a Bruxelles la riunione di emergenza della Nato, convocata da Ankara, per discutere dei recenti sviluppi che hanno portato alla concessione delle basi nel Kurdistan turco alla coalizione internazionale anti-Isis. Il Segretario generale, Jens Stoltenberg, applaudendo l’operazione turca, ha assicurato che Ankara «non ha chiesto alcun sostegno militare sostanziale alla Nato».
Anche Berlino ha frenato sulla necessità che la Nato entri nel conflitto al fianco della Turchia. In particolare le autorità tedesche si sono dette preoccupate della possibilità che gli attacchi contro il partito dei lavoratori kurdi (Pkk) possano mettere fine al processo di pace. L’inviato degli Usa per la coalizione anti-Isis, Brett McGurk, ha criticato gli attacchi di Ankara contro il Pkk. «Non c’è nessuna connessione tra questi attacchi e la decisione di intensificare la cooperazione tra Stati uniti e Turchia contro lo Stato islamico», ha dichiarato McGurk. Le autorità russe hanno invece assicurato che a breve ripartiranno i colloqui per la costruzione della porzione turca della pipeline per la fornitura di gas naturale South Stream i cui progetti erano al palo da mesi. Mosca ha anche dato il suo placet ad una coalizione internazionale anti-Isis sotto l’egida delle Nazioni unite. Che dopo gli attacchi turchi contro Isis e Pkk della scorsa settimana siano davvero cambiati gli equilibri di forza sul campo lo ha confermato il premier turco Ahmet Davutoglu.
«Ora nella regione ci sono nuove condizioni», ha detto. Davutoglu ha assicurato che Ankara non ha intenzione di inviare truppe di terra in Siria, ma «non vogliamo vedere Daesh al nostro confine», ha aggiunto. Dal canto suo, il presidente siriano Bashar al-Assad ha annunciato un’amnistia per i soldati disertori in seguito all’annuncio turco degli attacchi anti-Isis.
Il piano per la formazione di una «safe zone» (lunga 109 chilometri) turca in Siria permette agli Stati uniti di usare la base di Incirlik per attaccare Isis. Il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha assicurato che appena l’area sarà libera da Isis, «zone di sicurezza si formeranno naturalmente» e potranno essere usate per rimpatriare i rifugiati siriani. Gli ufficiali statunitensi hanno riferito di una zona «Isis-free» per assicurare maggiore stabilità e sicurezza al confine. Ma non si tratterà di una no-fly zone ufficiale, come emerso nelle prime ore in cui è stato annunciato il piano.
Secondo il comando delle Unità di protezione popolare (Ypg) nel Kurdistan siriano (Rojava), l’aviazione turca avrebbe bombardato anche i villaggi di Zormikhar, 45 chilometri a ovest di Kobane, e Til Findire, a est del cantone. Nel secondo attacco quattro combattenti dell’Esercito libero siriano sarebbero rimasti feriti. Le autorità turche hanno smentito ogni attacco contro i combattenti kurdi in Siria.
«I kurdi siriani non sono un obiettivo delle operazioni anti-Isis», si legge in un comunicato. Ieri, dopo 27 giorni di combattimenti, Ypg e Ypj hanno liberato la città di Sarrin a sud di Kobane, per mesi nelle mani di Daesh. I jihadisti starebbero ora procedendo a rapimenti, usando i civili kurdi come scudi umani. Dura la reazione del leader dell’opposizione kurda turca Salahettin Demirtas agli attacchi contro il Pkk e alla repressione che gli attivisti di Hdp stanno subendo. «Le autorità turche vogliono portare il paese alla guerra civile», ha avvertito. «Un governo ad interim va a passi spediti verso la guerra.
Già la Turchia ha arenato il Medio oriente con le sue politiche sbagliate in Siria», ha aggiunto. Secondo Demirtas, questa è una manovra di Akp per tornare a controllare l’esecutivo. «Erdogan ha trasformato il governo in un consiglio di guerra», ha rincarato in un comunicato il Congresso nazionale kurdo (Knk) che unisce i partiti kurdi della regione.
E la Turchia si infiamma. Proteste sono in corso ormai da una settimana in tutto il paese. Un ufficiale di polizia, Muhammet Fatih Sivri, è stato ucciso negli scontri che proseguono nel quartiere alavita di Gazi a Istanbul. Le prime proteste sono scoppiate ai funerali dell’attivista, Gunay Ozarslan, del Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo (Dhkp-c) uccisa dalla polizia nella campagna anti-Isis e Pkk (circa mille arresti), avviata dalle forze di sicurezza lo scorso 24 luglio. Cinque poliziotti sono stati feriti la scorsa domenica nel quartiere di Nusaybin nella provincia di Mardin.
Stessa sorte è toccata a due poliziotti nella città kurda di Van. Sparatorie simili si sono verificate a Bitlis, Diyarbalkir e Sirnak, quartiere di Cizre, roccaforte di Hdp. La polizia è entrata in varie aree di queste città kurde facendo uso di lacrimogeni e sparando contro i civili.
Un giovane è stato ucciso a Nusaybin, stessa sorte è toccata a Beytullah Aydin, 11 anni, ucciso dalla polizia di Diyarbakir nel quartiere di Baglar. Nella notte Dhkp-c ha colpito un commissariato a Okmeidani (Istanbul).
Il Pkk ha attaccato e dato alle fiamme un commissariato a Siirt. Varie sedi di Akp sono state attaccate ad Izmir. A Lice, nel distretto di Amed (Diyarbakir), polizia ed esercito hanno dato fuoco ad alcune abitazioni, 40 ettari sono ancora in fiamme. A Cizre, la polizia ha aperto il fuoco su un gruppo di giovani che protestavano contro i bombardamenti, uccidendo un ragazzo. Forze di polizia turca hanno fatto irruzione nelle case di Haci Bayram a Ankara, arrestando almeno 15 persone, sospettate di avere legami con Isis.
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