Da ormai ben due mesi e mezzo 16 scatoloni pieni di farmaci del valore di circa 20mila euro, donati dai cittadini campani ai campi profughi siriani sono bloccati dal governo turco.

Si tratta del primo carico di questo tipo partito autonomamente dall’Italia e in particolare dal piccolo comune salernitano di Santomenna il 14 marzo scorso, giorno del quarto anniversario dell’inizio della guerra in Siria.
A raccoglierli, Legambiente Campania che aveva risposto a un appello del comune di Suruç, cittadina curda ad appena 16 chilometri da Kobane, assediata dallo Stato Islamico per 5 mesi e riconquistata lo scorso 26 gennaio dalle forze curde. Proprio per la sua posizione, nella regione di Suruç sono nati ben sei campi profughi autogestiti che ospitano circa 60mila persone in fuga dal conflitto.

L’appello del «sindaco»

A novembre del 2014, Orhan ansal-Zuhal Ekmez, co-presidente del Comune di Suruç, prende carta e penna per denunciare l’assenza di aiuti sia internazionali sia da parte del governo turco: «Il sostegno di organizzazioni e istituzioni nazionali e internazionali è urgentemente necessario per affrontare le necessità impellenti». Riguardo la dimensione del fenomeno, il «sindaco» di Suruç parla di «centinaia di migliaia di persone ora senza patria, migliaia di donne e ragazze stuprate e vendute al mercato degli schiavi, decine di persone morte di fame e di sete lungo la strada della migrazione».

L’associazione ambientalista a quel punto si attiva immediatamente, scegliendo di raccogliere medicinali in quanto «pur sapendo che l’invio di indumenti caldi, coperte, ma anche giocattoli e tanto altro ancora potrebbe essere più necessario, i costi e le modalità di spedizione ci spingono ad individuare quello che concretamente possiamo realizzare», spiegherà Legambiente stessa in un comunicato il mese successivo (dicembre 2014).

Gli scatoloni in attesa

I 16 scatoloni pieni dei farmaci raccolti arrivano all’aeroporto turco di Adana, a 300 chilometri da Suruç, con un aereo cargo di un vettore utilizzato anche da Emergency, quattro giorni dopo essere partiti dalla Campania, lo scorso 18 marzo. Appena sbarcato il carico umanitario viene però bloccato alla dogana, nonostante la documentazione in regola.

«A quel punto ho immediatamente e personalmente allertato l’ambasciata italiana ad Ankara», spiega il sindaco di Santomenna (Sa), Massimiliano Voza, presente in quei giorni in Turchia con una delegazione italiana per il Newroz, il capodanno persiano, nonché firmatario di un’apposita delibera comunale per l’invio dei medicinali al comune di Suruç.
«Il funzionario – ricorda Voza – mi ha risposto che la Turchia, a suo dire per motivi di sicurezza nazionale, consente l’arrivo di aiuti, gestiti dal loro governo o da enti istituzionali». A interessarsi della vicenda, anche il senatore Giuseppe De Cristofaro (Sel): «Non appena mi è stata segnalata la cosa mi sono immediatamente attivato con la Farnesina per tentare di sbloccare questi aiuti. Sto sollecitando la cosa da diverse settimane e trovo francamente assurdo che non ci sia un intervento incisivo da parte del nostro governo per sbloccare questi farmaci, vista l’importanza dell’iniziativa».

La stessa Legambiente ha chiesto più volte aiuto sia al nostro ministero degli esteri sia all’ambasciata d’Italia in Turchia, come dimostrano una serie di email. Ma nulla si è mosso.

Nulla si è mosso

«Abbiamo provato attraverso diversi canali a sbloccare la situazione – conferma Leda Minchillo, presidente del circolo Legambiente «Silaris» che ha coordinato l’iniziativa – la Farnesina dopo una sola telefonata non ci ha più contattato».

Effettivamente il 30 marzo 2015 nella sede della rappresentanza diplomatica turca in Italia, Legambiente firma alla presenza del primo segretario dell’ambasciata, Durmus Bastug, un atto di donazione dei farmaci in questione al Comune di Suruç. «Siamo ostaggio della burocrazia ma soprattutto della volontà del governo turco», denuncia Yilmaz Orkan, rappresentante in Italia del Congresso Nazionale Kurdo.

«Prima – continua – volevano pagassimo il dazio doganale sostenendo non fosse chiaro si trattasse di aiuti umanitari, problema risolto con la donazione, poi che fossero affidati al governo stesso, ora che serve il controllo e l’autorizzazione del ministero della Sanità poiché la Dogana ha trovato negli scatoloni un paio di confezioni di farmaci speciali, come può ad esempio essere la morfina, e quindi non ci verranno consegnati in assenza di un via libera governativo. Dal canto nostro abbiamo fatto tutto il possibile per sbloccare questi farmaci che noi stessi abbiamo chiesto all’Italia».

Dal nostro ministero degli Esteri confermano di essere stati allertati, come del resto fa anche l’ambasciata d’Italia ad Ankara, per bocca del capo dell’ufficio politico, Marcella Zaccagnino: «Sono stata nominata da poche settimane nuova responsabile per la Siria della nostra sede diplomatica qui in Turchia. Di conseguenza, non ho seguito io la vicenda quando è avvenuta. Ne vengo a conoscenza ora ma le assicuro che mi attiverò immediatamente per capire come risolverla», assicurano dalla nostra sede diplomatica.

Intanto le condizioni di salute di chi vive nei campi profughi sono precarie: servono medici, farmaci generici, vitamine e latte per donne e bambini.

«Nonostante l’immane lavoro fatto dai circoli di Legambiente della regione che ha portato ad un risultato straordinario – denuncia Mariateresa Imparato, che per l’associazione ambientalista si è occupata di questa campagna – queste medicine sono bloccate e non perché i curdi non ne abbiano più bisogno, ma a causa di cavilli burocratici imposti dal governo turco che bloccano gli aiuti.

Farmaci e latte potrebbero scadere a giorni, visto che sono ormai fermi da due mesi e mezzo all’aereoporto di Adana».