Nuova tegola giudiziaria per l’onorevole del Pdl Antonio Angelucci, editore di Libero e, in passato, anche del Riformista. Su richiesta della Procura di Roma, il gip ha sequestrato al deputato-editore conti correnti e titoli per un importo superiore a 20 milioni di euro, l’equivalente dei contributi pubblici per l’editoria illegittimamente percepiti dal 2006 al 2007 e mai restituiti. Angelucci e gli amministratori dei suoi giornali sono indagati penalmente per truffa aggravata e falso ideologico.
La vicenda ha un iter giudiziario lunghissimo ed è attualmente pendente in Cassazione. Tutto nasce tra la fine del 2008 e il 2010, quando l’Agcom accerta che Tosinvest spa e in ultima istanza Antonio Angelucci erano i controllori di fatto di due testate che percepivano i contributi pubblici, Libero e Riformista (oggi chiuso). Un doppio finanziamento da parte dello stato espressamente proibito dalla legge. Non a caso, Angelucci aveva celato la reale proprietà dei suoi giornali in diverse società e perfino in due trust lussemburghesi.

Ma l’Agcom, con sentenza approvata definitivamente dal Consiglio di stato (la 02128/2012), ha accertato che in realtà i cda dei due giornali coincidevano e la sede operativa di entrambe era la stessa. In sostanza, Angelucci esercitava il «controllo economico» e le amministrava di fatto, anche ripianandone i debiti (come nel caso del Riformista, dove Angelucci avrebbe investito negli anni ben 22 milioni di euro).

Sul tavolo fondi pubblici ingenti e percepiti illegittimamente dal 2006 al 2010. In tutto le due testate avrebbero avuto diritto a 43 milioni di euro, di cui una parte già ottenuti (oltre 20 milioni di euro nel 2006 e nel 2007 e dunque da restituire) e gli altri 23 riconosciuti come diritto ma «congelati» fino alla sentenza definitiva: in tutto 10 per il Riformista e 33 per Libero. I soldi già presi per il biennio 2006-2007 (15,8 per Libero e 5,9 per il Riformista) Angelucci deve da tempo restituirli allo stato ma ancora non lo ha fatto. L’illecito sui finanziamenti percepiti prima del 2006 è prescritto mentre i fondi per gli anni successivi, invece, non sono ancora stati erogati dalla presidenza del consiglio e dunque l’editore ha solo perso il diritto ad averli.
In serata Angelucci ha diffuso una nota in cui giudica «intempestiva» la decisione del tribunale di Roma «tenuto conto dei numerosi ed avanzati contatti con il Dipartimento dell’Editoria, con il quale era in corso una intensa attività volta alla formalizzazione delle intese per la definizione della controversia».