In questi ultimi anni sono stati numerosi i giornalisti sportivi, che insoddisfatti del loro lavoro aspiravano ad assurgere al rango di scrittori. Le case editrici grandi e medie li hanno accontentati, in cambio di recensioni sicure derivanti dalla cerchia degli amici presenti nelle redazioni. Il risultato è stato un’invasione di libri mediocri rimasti invenduti negli scaffali delle librerie. Si tratta prevalentemente di libri sul calcio alquanto rozzi, e dunque desta piacevole sorpresa leggere Le canaglie (Sellerio euro 16), un piccolo capolavoro di Angelo Carotenuto, giornalista che ha lavorato a Repubblica, dove è stato caporedattore delle pagine sportive. Con una scrittura intinta di frequente nel dialetto romano, racconta la Lazio dei primi anni ‘70 del secolo scorso, che dalla B salì nella massima serie fino a vincere lo scudetto per poi dissolversi in un baleno, il tutto avvenne nell’arco di quattro o cinque anni, mentre adesso dopo uno scudetto tutti parlano di «nuovo ciclo».

Marcello Geppetti
I protagonisti di quella squadra furono Chinaglia, Wilson, Martini, Re Cecconi e l’allenatore Maestrelli, ai quali si aggiunsero nuovi calciatori frutto degli ultimi acquisti al calcio-mercato che allora si svolgeva a Milano. È una Lazio raccontata dall’io narrante di Marcello Traseticcio ispirato al fotografo Marcello Geppetti, (ne abbiamo parlato su Alias del 13 luglio 2013) che in quegli anni immortalò i protagonisti della Dolce Vita e anche la Lazio per il quotidiano Momento Sera.

Il fotografo Traseticcio, che si occupa di cronaca nera e della politica militante di quegli anni, viene spedito dal suo giornale a cogliere gli attimi dei giocatori biancocelesti dentro lo spogliatoio, sul campo di allenamento, sul rettangolo verde durante le partite della domenica e fuori campo nei locali di via Veneto a Roma. Traseticcio è stato più volte sul set di Fellini a fotografare le dive, ma di calcio non si è mai occupato.

Lui vagamente di sinistra e in perenne contraddizione con il mondo e con sé stesso, finisce per diventare amico di quei calciatori simpatizzanti della destra di Almirante, inclini dopo un gol a salutare la curva con il braccio teso. Lo spogliatoio è diviso in due fazioni, capeggiate da Chinaglia e da Wilson, che finiscono per darsele anche durante gli allenamenti e sotto la doccia, ma in campo, nonostante le divisioni, sapranno fare squadra e mettere in difficoltà le grandi dell’asse industriale Milano-Torino, fino allo scudetto.

Marcello Traseticcio riuscirà a superare le diffidenze anche di Maestrelli, brillante padre-allenatore artefice dello scudetto. In mezzo alla marmaglia biancoceleste, il presidente palazzinaro Lenzini, tormentato da una parte da quei mattacchioni, che nelle loro mille follie si spingono perfino a fare del campo di allenamento un poligono per mettere in bella mostra le loro armi, rivendicano premi partita fino a minacciare di non giocare e dall’altra dai fratelli, che gli chiedono di vendere la Lazio e investire nelle costruzioni di una famelica Roma, in quegli anni in forte espansione edilizia. Dopo lo scudetto, la squadra campione d’Italia, presa da un cupio dissolvi, si ecclisserà e con loro Maestrelli, che affetto da un tumore si spegnerà lentamente, condividendo il dolore con il fotografo Traseticcio, la cui figlia scomparirà all’improvviso senza lasciare traccia.

Il clima politico
A Carotenuto si deve il merito di aver ricostruito con dovizia di particolari il clima politico e sociale di quegli anni in cui la Lazio passa dall’inferno della serie B, vissuta dai tifosi come un’onta rispetto alla squadra giallorossa dello scudetto. il contorno di quei calciatori viziati che votano Msi è fatto del delitto Pasolini, dei cortei universitari assaltati dai fascisti, dell’austerity, di Preminenza, l’eminenza grigia che manovra i giornali della Capitale e non vuole Maestrelli alla guida della squadra biancoceleste, dell’autoriduzione delle bollette del telefono promossa dalle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, dal Pdup, il Manifesto e Avanguardia Operaia, i gruppi extraparlamentari a sinistra del Pci, la morte dello studente Roberto Franceschi a Milano, Anna Magnani, Enrico Berlinguer, Walter Chiari, le borgate romane, tutto accompagnato da una scrittura asciutta e priva di quei fronzoli che abbondano nei libri sul calcio. L’autore lascia agli scatti di Traseticcio il racconto di quegli anni: «So che quando per la prima volta sono finito dentro a un corteo, in mezzo agli scontri, ai lagrimogeni lanciati, ai feriti, al sangue, mi sono accorto che non riflettevo. Festinavo».

Litigi
Il modo migliore per raccontare quel periodo storico agli adolescenti è di partire da un gruppo di ragazzi della Lazio di indiscutibile talento, dissipato da una inquietudine balorda, che porterà Re Cecconi alla morte, e da una litigiosità spinta fino all’inverosimile: «In campo Chinaglia e Wilson se la sono presa con tutti, coi loro nervi in evidenza, ma senza avere il coraggio di attaccare direttamente Martini e Re Cecconi, i quali hanno preso le difese degli altri uscendo dal campo. I litigi tra loro puzzano di cacio, non si possono più nascondere». Il tutto contornato dalla città di Roma a un tempo sontuosa e stracciona, sempre sul punto di esplodere, ma sarà il terrorismo rosso e neofascista ad avere la meglio nella seconda metà di quei terribili e sanguinosi anni ‘70.

Il mister
Dal libro emerge con forza la figura principe di Tommaso Maestrelli, il vero artefice dello scudetto, ma oggetto di un terribile sospetto da parte dell’assistente spirituale della Lazio, padre Lisandrini: «Quando la messa fu finita e tutti promisero di andare in pace, don Antonio si accostò a Tommaso e trovò il coraggio di porgli la domanda che nessun altro in vita gli avrebbe fatto mai: «Ma tu sei veramente comunista?».
In quegli anni di governi democristiani, sostenuti in parlamento dai voti della destra fascista di Giorgio Almirante, sarebbe stato davvero troppo per quella Chiesa retriva, che battagliava contro il divorzio e l’aborto, lo scudetto del 1974 vinto da una Lazio guidata da un allenatore comunista.