Ieri sera, nell’edificio già dedicato a san Leonardo, a Bologna, in via san Vitale, è iniziato il carosello di attività di AngelicA al suo 24° anno d’età. Era lo spazio di Leo de Berardinis ed è detto «Teatro di Leo», ma ora viene nominato «centro di ricerca musicale».Per l’inaugurazione di Angelica 24 era in programma una serata dedicata a Robert Ashley. Chi scrive lo fa non avendo ancora ascoltato il concerto e quindi non può intervenire sullo specifico. Qualcosa però, lasciando la terza persona, posso dire: intanto che faccio così perché non sono Giulio Cesare e quindi, come dicono certi figuri dell’attualità, «ci metto la faccia», cioè il nome; inoltre perché qualcosa posso azzardare su quell’autore e, forse, sul senso dei suoi strumenti compositivi, ma forse ancor più su quel che significano in Angelica.

Robert Ashley fu un musicista della glossolalia. Questa è una parola che significa, stando allo Zingarelli, «delirio verbale di alcuni malati di mente, caratterizzato dalla creazione volontaria di parole deformate». Negli anni Sessanta veniva usata solo come «delirio verbale»; forse era quel ch’era rimasto del coro nella tragedia greca, forse quel che sentivi in una cerimonia religiosa in una lingua straniera, il borbottar pregando, forse, o svolgersi di suoni verbali disinteressanti all’intonazione (al pitch). I maestri erano Deter Schnebel e, in forma di concerto solistico, Carmelo Bene. Ashley era un compositore Usa (anche senza «e getta») il cui primo lavoro reperibile fu InSara. Mencken …(ecc). del 1972, pubblicato dalla Cramps (discografica super). Ad Ashley interessava l’autocoscienza (nello stupidismo attuale un selfie,(cioè un autoscatto, dell’interiorità. Intervistato, disse che non era in possesso di una formula, ma che lo interessava il fatto che, quando era in sala da concerto, la sua mente non era catturata esclusivamente dalla musica. Si rendeva conto di ascoltare e pensare allo stesso tempo (cosa impossibile, diresti, per un tenore, nota mia personale). Egli non si sentiva mai posseduto dalla musica e così,… ecc.

Il programma di Angelica, che si svilupperà durante tutto maggio, è piuttosto variegato (questa sera, per esempio, c’è il giapponese Yoshi Wada che gioca con la musica del nostro antico Rinascimento), ma la mia personale sensazione è che la rassegna non sia in grado di ripetere le performance della sua esplorazione nel sonoro che ne caratterizzarono i primi anni e che vada a recuperare quel che, ignorato oggi, questione di età e di applicazione culturale, era comune, non dico in Rai né nel mondo della repertoriofilia, negli anni 60 e, per un po’ nei 70. Certo non è con senso di scoperta che viene presentato Laborintus II di Berio, domani domenica (il concerto è al Comunale), ma è probabile sia una prima bolognese (il che non vuole dire nulla giacché chiunque, anche un bolognese, va dove gli pare per i più futili motivi). Non saprei, ma è possibile che nemmeno Die Soldaten di Zimmeramann sia mai stato eseguito qui (del resto, inutile programmarlo ché il teatro, figlio di nessuna politica, resterebbe vuoto).

Il programma di quest’anno si svolge quasi interamente a Bologna, ma con puntate a Lugo e Modena. Può essere letto in info@aaa-angelica.com.