Per buona parte della sterminata platea televisiva che ha condiviso con lei cruenti assassinii, avvelenamenti, uxoricidi e quant’altro potesse funestare la placida tranquillità di Cabot Cove, Angela Lansbury è stata e resterà per sempre Jessica Fletcher, protagonista assoluta de La signora in giallo. Una serie andata in onda dal 1984 al 1996, per un totale di 264 episodi che ancora oggi sono in replica tutti i giorni all’ora di pranzo su Rete4 (ma le stagioni complete sono disponibili anche sulle principali piattaforme, su Prime Video potrete deliziarvi con l’intero catalogo…). Jessica Fletcher, vedova e scrittrice di romanzi polizieschi, grazie alle sue abilità letterarie si diletta a risolvere crimini in cui molte volte è diretta testimone.

SUCCESSO ENORME fino alla settima stagione poi declinante tanto che è la stessa Lansbury a prendere in mano la situazione. Ne diventa produttrice esecutiva, sposta l’azione di molti episodi nella Grande mela newyorchese e dà una spolverata – ma il giusto, nessun stravolgimento – alle trame. Risultato: gli ascolti risalgono e la serie andrà avanti fino alla dodicesima stagione. Arriveranno poi quattro film tv dopodiché sulla signora Fletcher calerà definitivamente il sipario. Ma la figura di Angela Lansbury non deve per forza identificarsi con quella della vedova e scrittrice per fiction, la carriera dell’attrice nata a Londra nel 1926 è lunghissima e divisa tra cinema, piccolo schermo e teatro, la sua vera grande passione tanto da conquistare ben cinque Tony Awards, l’oscar del palcoscenico, fra i quali uno nel 1966 per Mame e poi ancora nel 2009, a 83 anni, per Blithe Spirit.

A BROADWAY arriva dalla porta principale nel 1957 quando debutta con una commedia francese scritta da Georges Feydeau e Maurice Desvallieras, Hotel Paradiso, dove conferma le doti e la duttilità interpretativa messa in mostra sul grande schermo. Doti intuite quando era appena quindicenne dallo sceneggiatore e commediografo inglese John Van Druten – sorta di pigmamalione – tanto che il suo primo ruolo la vede minorenne sul set di Angoscia (1944) di George Cukor. Il regista racconta nelle sue memorie di essere rimasto sorpreso dal talento della giovane debuttante: «Aveva appena diciassette anni, nessuna esperienza sul set, eppure si trasformò nel primo giorno di riprese nella giovane cameriera che tormenta Ingrid Bergman».

Avrebbe meritato più ruoli da protagonista, ma paradossalmente questo suo talento l’ha vista spesso relegata al rango di caratterista, buona per le parti pittoresche ma mai centrali.
Una parte che le fece ottenere la prima nomination agli oscar, la seconda arriva – sempre come attrice non protagonista per Il ritratto di Dorian Gray (1945). Per Hollywood Angela Lansbury possedeva la capacità di interpretare personaggi ben oltre la sua vera età, specializzandosi in matriarche di ferro. Un esempio: nel 1961 – quando aveva 36 anni – si trovò a sostenere il ruolo della madre di un 28enne Elvis Presley in Blue Haway e l’anno dopo eccola nei panni della perfida madre di Laurence Harvey, che nella realtà di anni ne aveva appena tre di meno, in The Manchurian Candidate. Talento multiforme che le consentì di spaziare in generi diversi come nel brillante western Le ragazze di Harvey (1946) di George Sidney, nel dramma sociopolitico Lo Stato dell’Unione (1948) di Frank Capra e nel biblico Sansone e Dalila (1949) di Cecil B. DeMille.
Pomi d’ottone e manici da scopa (1971) è il ruolo iconico per eccellenza: adorata da bambini (e adulti) di mezzo mondo. Sarà poi al fianco di Peter Ustinov in Assassinio sul Nilo (1978) e Miss Marple (prove tecniche per Jessica Fletcher…) in Assassino allo specchio (1980). Avrebbe meritato più ruoli da protagonista, ma paradossalmente questo suo talento l’ha vista spesso relegata al rango di caratterista, buona per le parti pittoresche ma mai centrali.