Andrew Weatherall è morto al Whipps Cross Hospital di Londra all’età di 56 anni dopo le complicazioni di un’embolia polmonare. La notizia arriva all’improvviso, e lascia interdetta la comunità musicale che nella giornata di ieri ha passato il pomeriggio a postare sui social network ricordi e remix di uno degli ultimi personaggi per cui non è eccessivo usare la parola genio. Produttore, dj, musicista in proprio (Two Lone Swordsmen), attivista culturale (fondatore di una fanzine-etichetta fondamentale per la cultura house: «Boy’s Own»), Andrew Weatherall è stato uno di quei personaggi leggendari che ha permesso alla musica dance di diventare uno spazio di confine da esplorare, un luogo di contaminazioni in cui tutto diventa lecito.

FIGLIO della cultura post-punk, per cui i limiti stilistici e i confini di genere semplicemente non esistevano, Weatherall passa alla storia come persona capace di coniugare nel beat i linguaggi del rock and roll, del r&b, della nascente cultura rave. È grazie a questa miscela che nel 1991 Weatherall parte dalle idee grezze di quattro geniali cazzoni scozzesi di stanza a Manchester fissati con gli Stooges e i New York Dolls e ne ricava uno dei più grossi scossoni che la musica pop abbia vissuto in tempi recenti: Screamadelica dei Primal Scream. Il «capolavoro» di Weatherall. Capace di unire al rock’n’roll e alla psichedelia (i generi meno trendy del mondo per i giovani di quegli anni) il ritmo pulsante e al tempo stesso rilassante e gioioso della nuova house che stava iniziando a girare per l’Europa.

Se negli anni il remix è stato elevato a forma d’arte, è merito di persone come Andrew Weatherall. A dimostrazione di come l’infinita rielaborazione di una canzone può sempre generare nuove traiettorie di senso e creare nuovi significati.

È GRAZIE a personaggi come Weatherall che si è riusciti in qualche modo a superare un periodo storico fatto di grigio dominio del realismo capitalista. Infatti, negli anni in cui i dj iniziavano a lanciare l’idea che si potesse ballare letteralmente su qualsiasi cosa, Weatherall è stato in prima fila a far capire a un paese freddo, rancoroso, represso nei suoi desideri come l’Inghilterra che sì, insomma, anche il bianco pallido proletario incattivo e impoverito da anni di politiche dissennate di Margaret Thatcher potesse cominciare a ballare. Da lì la rivoluzione della dance, dell’acide-house, dei rave, della nuova Estate dell’Amore, della musica che torna luogo della possibilità infinita come gesto in qualche modo politico.