Pioniera della ricerca interdisciplinare sulle donne, la famiglia, la guerra e la pace, come amava definirsi, la sociologa francese Andrée Michel si è spenta l’8 febbraio scorso, a 101 anni.
Nata a Vallauris, nel sud della Francia, il 22 settembre 1920, la sua forza interiore, il suo spirito ribelle e la sua sete inestinguibile di libertà e di giustizia la porteranno a un impegno intellettuale e politico di radicale avanguardia e di rara coerenza.
Prima sociologa francese ad analizzare, negli anni cinquanta, il ruolo della donna nella famiglia e nella società, sarà anche la prima a esaminare in Francia, a partire dagli anni ottanta, il complesso militare-industriale da un punto di vista femminista.
Arrivata nella capitale francese nel 1948, sceglie di vivere a Montreuil, condividendo l’esistenza dei lavoratori algerini, immigrati spagnoli, prostitute e altri «dannati della terra», lavorando come operaia nelle fabbriche locali e alloggiando in quegli hôtels meublés cui dedicherà la prima inchiesta sociologica mai realizzata sul tema, che sarà poi all’origine della sua tesi di dottorato in Sociologia («Famille, industrialisation, logement»), che conseguì alla Sorbonne nel 1959.

Già nel 1954, la troviamo al Centro di studi sociologici (Ces) del Centro nazionale della ricerca scientifica (Cnrs). E con la sua inchiesta sulla condizione dei lavoratori algerini in Francia, pubblicata nel 1956, fa scalpore, dà inizio alla sociologia delle migrazioni e inaugura il metodo di ricerca che seguirà tutta la vita: quello di osservatrice partecipante e solidale. L’obiettivo? Contribuire a cambiare le condizioni delle vittime dell’oppressione messa in luce dalla sua analisi.

Dagli anni ‘60 partecipa al Comitato internazionale di ricerca sulla famiglia, in seno all’International Sociological Association (Isa) e svolge la sua attività scientifica tra diversi paesi. E’ autrice di una ventina di libri tradotti in diverse lingue (il suo Manuale di sociologia della famiglia è stato tradotto in Italia da Il Mulino nel 1974), di più di centocinquanta articoli scientifici e d’innumerevoli articoli sulla stampa impegnata in Francia e all’estero (una lista ufficiale qui https://www.idref.fr/027027856)
Coniugando ricerca scientifica e impegno politico, in chiave femminista, anticapitalista, anticolonialista, antirazzista e antimilitarista, partecipa alle principali lotte che trasformano il secolo breve. Sostegno attivo della liberazione dell’Algeria (sarà anche «portatrice di valigie»), è chiamata a insegnare alla Facoltà di lettere di Algeri, nel 1963.

Parte per l’America del Nord nel 1966, dove insegna in diverse università durante quattro anni, di cui due in Canada. Torna al Cnrs all’inizio degli anni ’70, dove diviene ben presto « direttrice di ricerca», e crea, nel 1974, la prima unità di inchieste sulla famiglia, il ruolo dei sessi e lo sviluppo umana. Partecipa al coordinamento del Comitato internazionale di studio sui ruoli sessuali, in seno all’Isa, e organizza in questo ambito numerosi incontri e congressi in vari paesi. Sempre con lo stesso obiettivo: cambiare la società e «liberare le donne dall’oppressione patriarcale millenaria».

Prima ricercatrice in scienze umane a entrare nel Gruppo di scienziati per l’informazione sull’energia nucleare (Gsien), con la sua fondatrice, Monique Sené, pubblica nel 1985 un numero della celebre rivista Nouvelles questions féministes sulla militarizzazione e la violenze contro le donne. Dagli inizi degli anni ottanta è infatti tra le prime e rarissime scienziate sociali europee a indagare sulle società transnazionali e sul complesso militare-industriale, che lei qualifica come la quintessenza del sistema patriarcale. Risolutamente antimilitarista, anche in questo campo di ricerca, cui consacrerà gli ultimi decenni della sua vita, impegno intellettuale e impegno politico sono inscindibili. Alla fine del 1990 partecipa, unica francese, al viaggio della nave dalle donne arabe per la pace contro l’embargo in Iraq. La nave, con a bordo più di trecento pacifiste di diversi paesi, tra cui quelli della coalizione schierata contro l’Iraq, che avrebbe dovuto collegare Algeri a Bassora, facendo scalo in diversi porti per raccogliere viveri e medicinali per i bambini iracheni sotto embargo, fu fermata da soldati occidentali e le passeggere tenute in ostaggio per due settimane in mare aperto.

Un’azione oggi poco nota, ma emblematica dell’inossidabile impegno contro le guerre di Andrée Michel, che nello stesso anno crea la rete femminista Citoyennes pour la paix, attiva tanto contro la guerra in Iraq che in ex-Jugoslavia. Nel 1993, pochi mesi prima della firma degli accordi di Oslo,  Michel è anche presidente dell’associazione Giustizia e pace in Palestina. Nel 1995 dà alle stampe un saggio poderoso, purtroppo non ancora tradotto in italiano: Surarmement, Pouvoir, Démocratie. Nel decennio tra i due secoli, già ottantenne, continuerà a viaggiare senza sosta, intervenendo in incontri e altri forum di resistenza, dall’Europa (Svizzera, Belgio, Italia, Spagna) all’America Latina (Brasile, Colombia, dove stringe legami indissolubili con la più grande coalizione feminista anitmilitarista del paese, la Ruta Pacífica de las Mujeres, Costa Rica, e Mexico), passando per l’Africa (Etiopia, Niger, Tunisia…). E a più di novant’anni sarà una delle «madrine» più attive dell’appello per la creazione di un tribunale internazionale per la Repubblica democratica del Congo (Rdc), dove centinaia di migliaia di donne sono vittime di stupri «arma da guerra».
Entusiasta, appassionata, empatica e generosa, è stata fino all’ultimo un raro esempio di integrità, coerenza e coraggio. La sua istigazione a diventare «cittadine militarmente scorrette» resta di scottante attualità. Non solo davanti ai venti di guerra che soffiano sempre più forti. E le sue analisi della militarizzazione della società contemporanea, restano indispensabili per chiunque difenda i beni comuni e abbia a cuore un mondo migliore.

I suoi funerali si terranno nella cittadina di Montreuil, alle porte di Parigi, il 15 febbraio

Qui una intervista pubblicata sul manifesto nel 2014 https://cms.ilmanifesto.it/militarmente-scorrette/