Giuseppe Conte ci prova. Cerca di forzare la mano e accelerare. Sa che l’ombra dei continui rinvii che bloccano il decreto Rilancio oscurerà lui molto più di chiunque altro. Il blocco sembra insormontabile, tanto che la stessa riunione del pre-consiglio dei ministri di lunedì sera, quella rinviata a getto continuo, è stata una finta. Giri di telefonate, contatti bilaterali: nulla di più. La sospirata riunione è iniziata davvero solo ieri mattina, destinata a prolungarsi per l’intera giornata.

Uno scoglio è stato superato, gli altri sono ancora tutti lì. Ma il premier insiste e fino a tarda serata continuano a circolare voci su una possibile convocazione in extremis, anche a tarda notte, del fatidico consiglio dei ministri. Niente da fare: alle 21 anche i più volenterosi gettano la spugna. Se ne riparla oggi.

L’OSTACOLO VARCATO nella surreale giornata di lunedì è quello dell’Irap. Confindustria ha fatto strike. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri voleva vincolare l’«abbuono» del saldo 2019 e soprattutto del primo acconto 2020 per tutte le aziende con fatturato da 5 a 250 milioni al calo delle entrate di aprile di almeno un terzo rispetto all’aprile 2019. Carlo Bonomi non si è accontentato: «Niet! Niente condizioni». La ha spuntata e con lui la ha spuntata anche Matteo Renzi, che si è improvvisato sponda della nuova Confindustria di Bonomi nella maggioranza e nel governo.

La nota dolente è che aggiungere voci di spesa sulla carta è facile, indicare le coperture arduo. La revisione dello sconto sull’Irap non è a costo zero e acutizza il problema per molti versi principale: quello delle coperture che latitano. Il braccio di ferro sulla regolarizzazione degli immigrati è reale ed è la principale barriera che impedisce il varo del decreto.

Non l’unica però e anzi, almeno in parte, funziona come alibi. Permette di non ammettere senza perifrasi che l’altro problema enorme sono appunto le coperture mancanti. Nella bozza che circolava lunedì, raccontano sbigottiti dagli spalti di Italia viva, accanto a molte voci al posto della copertura c’era una X. Al braccio di ferro conclamato con i 5 Stelle sulle regolarizzazioni si accompagna in effetti quello, discreto e sotto traccia, con la Ragioneria generale dello Stato sulle coperture.

E anche quando, alla fine, il decreto in un modo o nell’altro verrà approvato dal consiglio dei ministri la partita, stavolta, non sarà chiusa. L’iter parlamentare della conversione, in questo caso, potrebbe tradursi in un percorso di guerra: una parte non irrilevante del decreto dovrà essere riscritto o corretto in quella sede.

LA VOCE PIÙ BALLERINA è la copertura delle casse integrazione già varata con il decreto Cura Italia. Non è l’unica. Ci sono problemi anche per il personale sanitario, cioè per quella che è ancora la prima linea nella lotta contro il virus. Il limite è il 3,3% di deficit, scostamento già votato dal Parlamento. Nonostante le dimensioni gigantesche dello scostamento la realtà è che anche solo per affrontare le urgenze provocate dalla crisi sanitaria, perché di questo si tratta nonostante il decreto sia stato ribattezzato «Rilancio», quello scostamento non basta. Le coperture non ci sono.

CI SONO ALTRI PUNTI in sospeso, per nulla secondari. Uno è quello degli aiuti e degli incentivi per le banche che comprano piccoli istituti di credito, quelli con tetto di attività di 5 miliardi, condannati alla liquidazione coatta dalla crisi. Il pollice verso dei 5S non si smuove: «Sarebbe un salvataggio».

L’altro riguarda il turismo, fronte essenziale perché nessuna altra voce del Pil italiano uscirà più penalizzata dalla crisi. Italia viva ha ottenuto l’ampliamento della platea che riceverà gli aiuti sino ai redditi Isee di 50mila euro ma il problema principale posto dai renziani non è stato risolto. Gualtieri insiste perché gli aiuti arrivino sotto forma di credito di imposta. Iv chiede che invece la liquidità sia versata direttamente nelle casse delle aziende, per non ritrovarsi nella situazione incresciosa del dl Liquidità, quello che ha promesso 400 miliardi e per ora non ne ha erogato neanche un decimo.

ENTRO OGGI, COMUNQUE, il decreto dovrebbe essere in qualche modo varato. Molte voci resteranno in realtà indefinite: il vero decreto sarà quello che uscirà dal passaggio parlamentare.

Sempre che si sblocchi l’ostacolo immigrati, perché su quello non è possibile puntare si rinvii mascherati.