In giorno, due operai e due piccoli imprenditori che non sono tornati a casa dai loro cari. «Questa sorta di bollettino di guerra quotidiano è inaccettabile», fotografa Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil. Eppure si va avanti così, alla media spaventosa di tre morti al giorno, festivi compresi, senza contare gli infortuni non mortali ma spesso invalidanti.

La prima vittima al mattino nel porto di Livorno, alla Calata Carrara, dove è attraccato il traghetto Moby Kiss per lavori di manutenzione. Durante queste operazioni Vincenzo Langella, 51 anni, di Torre del Greco, addetto diretto della Moby, stava effettuando delle manovre alla guida di un muletto, quando si è mossa parte della struttura di un ponte elevatore che lo ha colpito alla testa, rendendo inutili i soccorsi.

Quasi in contemporanea, nel cuneese, ha perso la vita un artigiano di 44 anni, Daniele Racca, titolare di una piccola azienda edile. L’uomo è morto a Savigliano, nell’ex fabbrica Origlia, diventata un cantiere per riconvertire lo stabilimento. Racca, che lavorava su un cestello, è rimasto schiacciato da un grosso tubo che stava tagliando e che si è addossato improvvisamente a una trave, tanto che per liberare il corpo sono dovuti intervenire i Vigili del fuoco.

A rimanere schiacciato da un cestello, improvvisamente staccatosi dai cavi d’acciaio, è stato invece Nicola Palumbo, 54 anni, piccolo imprenditore edile di Ravello nel salernitano, che si trovava al lavoro in un cantiere in località San Cosma. Palumbo è stato colpito in pieno dal cestello, precipitato da una altezza di dieci metri, ed è morto sull’eliambulanza che lo stava portando all’ospedale di Salerno.

La quarta vittima della giornata nel cagliaritano, a Seurru a Sestu. Qui Renzo Corona, 65 anni, aveva appena finito di raccogliere ortaggi per una ditta di Sestu, e stava per andare a pranzo insieme a un collega. Quest’ultimo ha messo in moto un furgone e ha fatto retromarcia senza accorgersi che Corona stava attraversando la strada proprio dietro il mezzo, che lo ha travolto.

Dal segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, un amarissimo rendiconto della situazione: «Dall’inizio dell’anno i morti sono stati più di 200, e aumentano gli infortuni e le malattie professionali. Prevale ancora una cultura che vede nella salute e nella sicurezza non un investimento ma un costo, e si continua a morire come si moriva cinquant’anni fa. Si fa un gran parlare di era digitale e di tecnologie, di nuovi modi di lavorare, ma spesso i modelli organizzativi e le logiche sono altre. Su questo bisogna agire: c’è bisogno di investire maggiormente in formazione e prevenzione. E c’è bisogno di investire sugli organi ispettivi». Anche il segretario labronico di Cib Unicobas, Claudio Galatolo, ha sottolineato: «Non bastano le leggi e i protocolli sulla sicurezza sottoscritti da una moltitudine di soggetti, se poi non vengono applicati per mancanza di volontà, di corsi di formazione, e di ispettori che controllino il rispetto della normativa».