Anche noi medici, al lavoro ma senza protezioni
Il caso/ Roma Comandati a lavorare senza mascherina né thermoscan. Una lettera da un grande ospedale romano
Il caso/ Roma Comandati a lavorare senza mascherina né thermoscan. Una lettera da un grande ospedale romano
Sono un medico, lavoro in un ospedale pubblico di Roma. A tutela non solo della mia persona vi chiedo di non pubblicare il mio nome. Mi rivolgo con rispetto al ministro Speranza, alla Regione Lazio e al suo assessore alla Sanità, con spirito costruttivo ma di verità.
In queste ore centinaia di persone continuano ad affluire negli ospedali, non solo nei pronto soccorsi ma anche negli ambulatori (post chirurgici, oncologici, post pronto soccorso ecc). Ma non ovunque, certo non nel mio ospedale, abbiamo il permesso di usare i thermoscan che consentono di misurare la temperatura corporea a distanza. So che per la pandemia non esistono soluzioni facili. Eppure avere uno screening di chi ha temperatura oltre 37,5 darebbe indicazioni immediate e essenziali sui dispositivi di protezione individuale da utilizzare e sull’isolamento a cui sottoporre il paziente. Eviterebbe molti contagi tra il personale sanitario e tra i pazienti stessi, a costi bassissimi. Un thermoscan, o termometro no touch, costa fra i 30 e i 50 euro. Basta un prezioso posto in rianimazione liberato a coprire la spesa.
I thermoscan sono utilizzati negli aeroporti, nelle stazioni ferroviarie, all’entrata del Parlamento, in altri ospedale. Fiom, Fim e Uilm hanno minacciato scioperi per sostenere la richiesta, tramite medico competente, all’azienda Fincantieri di avere il thermoscan ai tornelli in entrata per i lavoratori: mi pare che questi lavoratori siano più avanti di tutti noi. E di chi ci dirige. Il thermoscan viene utilizzato all’Augusta e alla Piaggio, ma non ancora in molti ospedali. Ci siamo giustamente indignati per la mancanza di sicurezza nelle aziende che continuano la produzione. Quei lavoratori a rischio non sono i soli, purtroppo. Fino a lunedì scorso, 9 marzo, nel mio ospedale ci è stato vietato utilizzare persino le mascherine «per non creare panico nei pazienti», e con l’esplicita minaccia di denuncia per procurato allarme. Sono testimone del mio ospedale ma anche fosse l’unico, è un grande ospedale. Mettere a repentaglio la salute di medici e infermieri significa immediatamente mettere a repentaglio la salute dei nostri pazienti. E non solo, come abbiamo purtroppo imparato.
*** (lettera firmata)
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento