In che cosa consiste il benessere degli animali? Chi può ritenere di saperlo? e perché è importante perseguirlo? Gli animali sono essere “senzienti” ovvero dotati di sensi e sensibilità. Hanno esigenze fisiche e psicologiche, che di base sono come le nostre: bisogno di cibo, acqua aria e riposo. E di un riparo, sicurezza, libertà. Il rispetto dei loro diritti e del loro benessere è un imperativo morale, riconosciuto da trattati internazionali ed europei, che stabiliscono principi e misure, in particolare per gli animali d’allevamento, che purtroppo spesso rimangono solo sulla carta: sono molto più diffuse l’insensibilità e la noncuranza, che ben si accompagnano al dogma della produttività a tutti i costi e che si traducono in violenze. Ma anche se condotto nel rispetto delle regole, quello che esercitiamo sugli animali è un costante e legittimato abuso: li confiniamo e li schiavizziamo, li facciamo faticare e ne sfruttiamo pelle e corpo, ne limitiamo la libertà di azione, poniamo vincoli su come e con chi hanno la facoltà di interagire, non permettiamo che scelgano famiglia o amici, decidiamo noi per loro se e quando e quando e con chi dovranno accoppiarsi e generare prole, portiamo via i loro piccoli appena nati. La giustificazione a tutto ciò è che sono «altro» e sono «meno».

L’altro ci consente di non empatizzare, il meno di infierire. Il tema viene ancora spesso declassato a questione di animalisti e antispecisti, strani esseri sensibili alla dignità del non umano, freaks che negli animali trovano consolazione per le loro frustrazioni sociali; si trascura ancora molto quanto una maggiore considerazione degli animali soprattutto in chiave non violenta, avrebbe un potenziale come fattore di cambiamento, sia in senso politico, sia per la vita dei singoli individui. In questo senso lavori come quello di Marck Bekoff, ecologo e biologo e Jessica Pierce, filosofa, sono importanti. Nel libro Qualcuno lo chiama benessere (Sonda Editore) quelli che sono due indiscutibili esperti anche per esperienza personale, oltre che per back ground professionale, riflettono sul senso benessere animale e svelano gli inganni del marketing. Il libro parte da una domanda: come siamo arrivati a questo punto? e come riusciremo ad uscire da questo incubo? Perché di questo si tratta, un incubo, se andiamo a scorrere il libro, che si struttura attorno alla sistematica disattenzione di quelli che sono i 5 principi della libertà animale stabiliti nel 1965 dal Brampell Report, un rapporto sul benessere degli animali di allevamento commissionato dal governo inglese in risposta alle proteste pubbliche per gli abusi sugli animali nei contesti agro-pastorali: 1. Libertà dalla sete, dalla fame e dalla cattiva nutrizione. Di avere un ambiente fisico adeguato 3. Dal dolore, dalle ferite, dalle malattie 4. Di manifestare le caratteristiche comportamentali specie-specifiche normali 5. Dalla paura e dal disagio. Principi basilari che possono suonare ingenui oltre che paradossali (come si può parlare di libertà per un animale rinchiuso?) ma è utile pensare a quanto furono innovativi negli anni 60, quando ad esempio l’idea che gli animali potessero provare dolore era solo una supposizione. Ed ora che le nostre conoscenze sulle emozioni e le capacità cognitive degli animali sono andate ben oltre, ora che bisogna essere ottusi o crudeli per ignorare la loro meravigliosa complessità è utile pensare a quel salto per apprestarci a farne un altro. Malgrado persone di tutto il mondo si impegnino per riparare ai torti che miliardi di animali subiscono ogni giorno, la situazione resta tragica.

Un libro non solamente di denuncia degli abusi osceni subiti dagli animali negli allevamenti intensivi, nei laboratori di sperimentazione, nei giardini zoologici, ma anche un libro di ricerca scientifica: analizza cosa è conosciuto delle esigenze e dei desideri degli animali anche riportando esempi di ricerche condotte nell’ambito del welfare animale e sulle capacità cognitive ed emozionali di specie diverse. E poi è un testo filosofico, perché aiuta a conoscere e capire più a fondo ed a compiere un rivoluzionario passo avanti dal punto di vista etico. Un invito al rispetto dell’intelligenza, sensibilità ed emotività non umane che non può fare che bene anche agli umani. Una lezione di umiltà di cui, ai tempi della più grave crisi ecologica mai verificatasi nel pianeta, abbiamo tremendamente bisogno.