In silenzio davanti a tutti i presidi ospedalieri del Piemonte e nei reparti. Con mascherina e cartelli espliciti: «Non siamo eroi, ma seri professionisti», «Vogliamo i dispositivi di protezione adeguati, anche la nostra vita ha un valore», «Riconoscimento economico non solo applausi dai balconi». Sono rimasti #InSilenzioComeLaRegione che al personale sanitario non ha garantito sufficienti tamponi e test sierologici, dpi idonei, assunzioni e, per ora, incentivi al personale.

Sono medici, infermieri, operatori socio-sanitari che, ieri, con un flash mob promosso da Fp Cgil e Uil Fp hanno protestato contro la gestione regionale, chiedendo che ora si cambi passo e si ripari agli errori: «Bisogna fare in modo che la Fase 2 sia una fase molto protetta e tutti capiscano che la mascherina non basta». I social dei sindacati hanno raccolto tantissime fotografie: volti segnati dalla fatica, indignazione. «C’è stata un’adesione altissima – racconta Massimo Esposto, responsabile sanità della Fp Cgil Piemonte – che ha coinvolto migliaia di operatori sanitari. Abbiamo deciso di mobilitarci perché dopo due mesi non abbiamo ottenuto interventi esaustivi su sicurezza e salute degli operatori come dei loro familiari».

Clara Lisa Peroni, reumatologa delle Molinette di Torino, ha partecipato alla protesta. «La situazione in Piemonte è molto critica e siamo preoccupati per la Fase 2 perché ma non abbiamo ancora ricevuto indicazioni dalla Direzione su come operare. Bisogna adeguare i percorsi ambulatoriali e quelli chirurgici extra Covid, assegnare dispositivi di protezione idonei, tuttora scarsi, fare molti più tamponi e coordinarci con la medicina del territorio. Questo mancato collegamento è stato una delle maggiori falle. Il sistema sanitario dovrebbe essere univoco tra ospedale, medicina del territorio e medicina convenzionata».
Alla Città della Salute di Torino, di cui fanno parte oltre alle Molinette anche il Cto, il Sant’Anna e il Regina Margherita, i contagiati tra il personale sanitario sono 280. Giuseppe Frascina è infermiere nella rianimazione del Pronto soccorso delle Molinette: «Resistere otto ore in una tuta impermeabile con mascherina aderente è dura, soprattutto se devi gestire tutto in sicurezza: è uno sforzo sia per te che per il paziente. Abbiamo tutti vissuto lunghi periodi di stress, ora, la situazione è più tranquilla, speriamo che i dpi continuino ad arrivare e che vi sia un indispensabile innesto di nuovo personale, perché se ci sarà un ritorno dell’epidemia non possiamo essere impreparati».

La Regione Piemonte ha convocato per giovedì un tavolo per discutere dell’accordo sui 55 milioni di euro di incentivi al personale sanitario (18 dal Cura Italia e 36 dal bilancio regionale). «Vogliamo – spiega Esposto della Cgil – che la Regione condivida con noi i criteri con cui verrà scelta la platea che ne beneficerà. Perché le condizioni dei sanitari sono state critiche in tutta la Regione e quasi tutto il personale, dipendente e non, ha rischiato e patito il disagio per il Covid-19».
All’Unità di crisi, l’ex ministro della Sanità Ferruccio Fazio che da poco guida la task force regionale nega un caso Piemonte ma invita «a rivedere il rapporto tra ospedali e territorio» e annuncia più tamponi. Le Rsa restano una questione aperta e su questo interviene Maria Grazia Breda, presidente della Fondazione promozione sociale onlus, impegnata nella difesa dei diritti dei malati non autosufficienti: «Le Rsa sono state usate in alcune Regioni (Lombardia, Piemonte) per «scaricare» i dimessi dagli ospedali, ancora infetti, senza alcun riguardo nei confronti dei ricoverati anziani, indifesi e mandati alla morte anzitempo, perché i ricoverati sono stati considerati «scarti». Passata l’emergenza, non andrà meglio per questi malati anziani, se non ci sarà il riconoscimento delle loro esigenze sanitarie vitali».