L’arte dell’esagerare senza che la torre dell’iperbole vacilli, costruendo qualcosa di eccessivo ma credibile proprio nella sua incredibilità, accettabile anche quando più estremo. Torna Dante il cacciatore di demoni e la sua «allegra» combriccola di macellatori di mostruose minacce diaboliche in un quinto capitolo di Devil May Cry per Xbox One e Playstation 4 che è dionisiaco ludibrio sensoriale e ludico, smarrimento in un’astrazione vettoriale e policromatica e nel contempo serenità ritrovata nello stile apollineo, danzante, producibile con la propria perizia digitale. Devil May Cry 5 è un grandioso ossimoro elettronico, non solo per la sua dimensione angelica e demoniaca, umana e divina, soprattutto per la sua messa in scena dove la grazia e la brutalità convivono senza annullarsi, in equilibrio.

Nella sua missione salvifica di discesa e ascesa dapprima verso le radici e poi verso le empiree chiome di un immane albero diabolico che sta prosciugando la vita di una pseudo-Londra, il sempre affascinante Dante questa volta non è solo ma membro di un terzetto di massacratori di satanassi orripilanti. Sfumare da uno all’altro alimenta la varietà dell’esperienza, mutandone la giocabilità e l’approccio offensivo verso i nemici. C’è il più giovane Nero, nipote di Dante, ma soprattutto il nuovo «V» dai capelli corvini e dal corpo assai più esili egli altri due, quasi emaciato, sofferente e malfermo sulle gambe, tanto da reggersi su un bastone come un poeta viandante romantico e, novello Lord Byron alle porte dell’inferno, V declama i suoi versi, evocando una pantera e un volatile da un altra dimensione affinché gli siano di supporto in battaglia.

Non sentiamo mai la nostalgia di uno o di quell’altro personaggio, quando giunge il momento di sostituirlo nella progressione, perché ognuno di loro possiede la sua unicità, consentendoci di produrre sfrenati balli marziali mentre facciamo roteare spadoni abnormi, spariamo proiettili fiammanti, guidiamo una motocicletta da hell’s angel per poi dividerla in due mazze roboanti per annientare il demone di turno.
Dispiace non utilizzare le donne, fantastiche comprimarie nella narrazione roboante, spassosa e informe di Devil May Cry V, perché sono sensuali quanto gli uomini e come questi con una sessualità ambigua, sfuggente anche quando definita, ma seducente proprio per la sua imprecisione (inutilmente censurata in alcuni casti nudi su Playstation).

Dopo la notevole parentesi del DmC occidentale di Ninja Theory, un videogame più politico e sofisticato, ma non amato da tanti appassionati conservatori e capricciosi, la Capcom torna a produrre Devil May Cry in Giappone, restaurando quell’amabile spasso e la superficialità più scanzonata della sua saga demoniaca.
Devil May Cry 5 è ludibrio ludico, esperienza estetica lisergica, puro piacere metallaro e se si va oltre la sua baluginante superficie potreste scoprire perché anche i diavoli possano piangere, e c’è qualcosa di prezioso in quelle lacrime, di umano, di rivelatore.