Magari non abbiamo l’elettricità tutte le volte che servirebbe, ma abbiamo la musica. Sempre, a scandire ogni momento della giornata”: la Cuba di Ana Carla Maza, strepitosa violoncellista e vocalist, effervescenza vitale sul palco e ragionato lavoro sulle sue partiture in studio, si presenta così. Ana Carla Maza, trent’anni ancora da compiere, e l’ennesima conferma che il crogiolo di musiche afroamericane nell’isola di Fidel è in perenne tumulto creativo. Con lei ancor di più, perché sotto le sue dita passano, al contempo, severi studi classici, le mille diramazioni melodico- ritmiche delle note caraibiche e la sapienza jazz nel “trattare” ogni materiale. In più ha una voce luminosa e potente e una simpatia contagiosa. Venerdì scorso era in concerto al Festival Gezmataz di Genova, nella Piazza delle Feste nel Porto antico ridisegnato da Renzo Piano. Per questo tour di volta in volta si presenta con formazioni diverse, a seconda delle necessità, fino al sestetto che ha registrato il magnifico Caribe presentato in concerto. Nella data genovese era in trio, e forse la riduzione secca d’organico permette di gustare ancor più il febbrile, festoso cocktail musicale concepito da Maza. Al pianoforte Norman Peplow, tedesco innamorato dell’America Latina, alla batteria il giovane cubano Jay Kalo, implacabile signore del “tresillo” che regge tutta l’architettura delle note dall’Isola caraibica, ma anche raffinato e impetuoso maestro di poliritmie jazz. Ana Carla Maza è figlia di due musicisti: una madre direttrice di cori, un padre, Carlos Maza, apprezzato jazzista. È nata nel 1995 nel distretto di Guanabacoa all’Avana, il quartiere più “rumbero” della città che dà nome al primo titolo del suo disco, dalle finestre di casa sua poteva assistere ai rituali della Santeria, dove animismo e lingue africane conservate, religione cristiana e suoni di festa irresistibilmente ritmici si incrociano e strutturano i riti.

POI E’ SUCCESSO che la sua famiglia s’è spostata in Spagna, e da lì Ana, già pianista a cinque anni, s’è trovata ammessa al conservatorio di Parigi per studiare violoncello. Quindici anni di studio, alternati a festose apparizioni pubbliche, tre anime musicali in corpo e nella testa: le note classiche, il jazz e l’improvvisazione, la festa dei ritmi caraibici. Ma anche il tempo per notare che, in tutte le partiture classiche per violoncello studiate e ristudiate non compariva mai il nome di una donna. Per questo lei scrive e compone, e si gestisce una sua personale etichetta discografica, la ACM: è al suo terzo disco, e questo che porta in giro per il mondo, Caribe, concepito on the road, è la summa di tutta la sua esplosiva, contagiosa allegria e un affondo nella memoria delle notti “rumbeire” a Cuba. Sul palco il violoncello diventa una chitarra, un cuatro, uno strumento a percussione, simula acuti violinistici per poi proporre lunghe note archettate dall’intonazione perfetta, e un attimo dopo note grezze strappate con lo “slap” dei bassisti.

CARIBE è una festa totale, è trance musica ed energia che viaggia tra palco e pubblico e mette in conto un “viaggio immaginario” , dice lei, – ma che tanto immaginario non è – tra Perù e Brasile, note in levare giamaicane e il nuevo tango argentino, celebrato con una sua struggente composizione che si intitola, molto semplicemente, Astor Piazzolla. Sale la temperatura del concerto, alla fine anche il compassato pubblico jazz è tutto in piedi a ballare, lei che incalza sorridendo e cantando e suonando e re-inventando, per l’ennesima volta, la forza vivificante di quella cellula ritmica che fa danzare il mondo, la clave cubana, il due e il tre del ritmo che si danno la mano. Ana Carla Maza sarà ancora in concerto in Italia. Prossime date il 23 a Scandiano, il 24 a Fano, il 25 a Gorizia. E altre se ne aggiungeranno,