Può essere che alcuni giornalisti e osservatori internazionali siano stati irretiti da immagini come la seguente: paramilitari che al termine di un combattimento, in un giaciglio, o al riparo da un tank, si mettono a giocare a scacchi o a decantare poesie. Romanticismo di una «guerra per l’Europa» che si tinge di letteratura, di passaggi così ampiamente noti e storici nelle vicende di quelle terre.

Questi intellettuali impegnati a leggere e confrontarsi su versi di poeti russi, americani e ucraini, secondo Amnesty International, però, sarebbero i più spietati tra gli uomini impegnati nei cosiddetti «battaglioni di volontari» che sostengono e hanno sostenuto l’esercito ucraino nelle zone orientali del paese. Così come i media internazionali cascarono nel tranello dei neonazi della Majdan, impegnati a fare uffici stampa professionali e dipingersi come sinceri filoeuropeisti, anche le pseudo visioni romantiche di questi combattenti, hanno nascosto la loro reale funzione. E questo gruppo di intellettuali, ex professori, docenti, formerebbe il «grosso» del cosiddetto «Battaglione Aydar», recentemente segnalato tanto dall’Osce, quando da Amnesty, come gruppo spietato e colpevole di «abusi e crimini di guerra».

Rapimenti, operazioni illegali, esecuzioni; sono solo alcune delle accuse mosse tanto dagli osservatori internazionali, già nel luglio scorso, quando da Amnesty un paio di giorni fa, con un report intitolato proprio «Abusi e crimini di guerra del Battaglione Aydar nelle regioni a nord di Lugansk». Secondo alcuni articoli di quotidiani russi, sarebbe stato proprio il battaglione Aydar – ad esempio – a provocare il colpo di mortaio che ha ucciso due giornalisti russi. E nelle file dei volontari capitanati da Sergej Melnychuk avrebbe operato anche Nadezhda Savchenko, catturata dai filorussi, sotto processo in Russia e dipinta sui media di mezzo mondo come una martire per la libertà.

Lo scorso agosto su Worldcrunch André Eichhofer ha riportato alcuni dialoghi avuti con esponenti del battaglione. Sono scultori, poeti, professori universitari, biologi. Due settimane di training, un sentimento patriottico semplice e tante armi. Il capo Melnychuk era stato dato per morto alcune settimane fa, un’ipotesi poi smentita. Di sicuro i membri dell’Aydar hanno subito pesanti perdite, trovandosi sulla prima linea del fronte, a Lugansk, teatro di combattimenti pesanti con le truppe dei filorussi. Quest’ultimi sono considerati «traditori», «terroristi» e costituiscono il nemico primario della «brigata degli intellettuali». Nonostante questa formazione umanista, secondo Amnesty gli uomini dell’Aydar si sarebbero macchiati di delitti talmente gravi, da ipotizzare un’inchiesta perfino da parte del ministero della difesa di Kiev (che pure nel maggio scorso ne ha autorizzato la formazione).

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Secondo quanto pubblicato dal Kiev Post, quotidiano fin da subito megafono della Majdan, sarebbero oltre 40 i gruppi paramilitari formati da volontari in supporto all’esercito regolare di Kiev. Tra questi ci sono i ben noti del battaglione Azov, dei quali è bene ricordare alcuni particolari. Di chiara impronta nazista, con tanto di simbolo delle SS, sono sempre stati sottovalutati da tutti, fino a quando i simboli nazisti mostrati con orgoglio, hanno finito per giungere anche sugli schermi dei televisori italiani (in particolare al tg2). L’Italia ha dunque scoperto quanto si sa fin dalle prime settimane di protesta sulla Majdan. Ovvero, la forza, militare, numerica, di formazioni neonaziste (a cui pare l’Italia voglia perfino dare manforte con armi e veicoli militari).

L’esistenza di questi gruppi, che hanno quasi sempre operato con regole proprie e nel dispetto di qualsiasi legge internazionale, rende per altro ben più difficoltoso di quanto si pensi il mantenimento della appena ottenuta tregua.

Pur essendo nati sotto l’egida del ministero della difesa di Kiev, la forza di queste formazioni è proprio quella di poter agire al di fuori di ordini. Non a caso fu il battaglione Aydar, lo scorso giugno, ad agire di propria volontà e sferrare un attacco vicino a Lugansk. L’operazione non era stata decisa dal comando centrale. Gli uomini di Aydar hanno occupato la cittadina di Schastya, hanno arrestato il vice sindaco e hanno assunto la leadership della città. Un’operazione talmente rischiosa, da indurre il ministero della Difesa di Kiev ad agire in tutta fretta, riportando i paramilitari sotto il proprio controllo, almeno sulla carta.

Queste formazioni sono emblematiche dell’ambiente più generale all’interno del quale si muovono. Nel sottobosco di questi gruppi, ci sono infatti delinquenti, ex militari, oligarchi. Il più noto tra i battaglioni, il «Dnieper», sarebbe finanziato direttamente dall’oligarca Ihor Kolomoyskyi. Quest’ultimo, miliardario ucraino-cipriota-israeliano, è stato nominato dall’ex presidente ad interim Turchynov quale governatore della regione di Dnipropetrovsk (e sarebbe proprio lui il prossimo e principale rivale di Poroshenko).

I battaglioni, durante il conflitto, si sono rivelati ben equipaggiati e ben armati, anche grazie a una imponente opera di propaganda on line, che ha saputo trasformare gli «uffici stampa» della Majdan in un’ottima macchina per raccogliere contributi. Su internet, infatti, sono decine i siti che raccolgono finanziamenti per i «volontari», usando paypal e altre forme di pagamento on line.