Grande indagatore dell’animo umano, Amin Maalouf descrive con impressionante lucidità i sentimenti che albergano nelle coscienze e determinano l’agire di ogni individuo. I suoi sono perlopiù romanzi a fondo storico, i cui personaggi, scelti con cura per rappresentare le più diverse componenti della società e delle correnti di pensiero di un dato periodo e di una data regione, reagiscono alle sollecitazioni esterne, ciascuno secondo la propria logica o inseguendo i propri fantasmi, così da rendere tangibili le infinite variazioni con cui la «grande storia» si invera nelle vicende dei singoli.
Il suo ultimo libro, I nostri fratelli inattesi (traduzione di Anna Maria Lorusso, La nave di Teseo, pp. 298, e 20,00) si distacca da questo modello: qui tempo e luogo della vicenda sono ininfluenti, mentre è evidente l’intento di descrivere quasi «in vitro», prescindendo da contingenze storiche note, sentimenti e comportamenti al manifestarsi di fatti inaspettati. Senza ricorrere alla formula del saggio, che adottò nelle lucide analisi di Identità assassine, Maalouf resta nell’ambito della fiction, sebbene attraverso soluzioni inedite.

Modello Empedocle
L’ambientazione, vagamente fantascientifica, è in un mondo futuro ma non troppo lontano, sull’orlo di un’apocalisse nucleare scongiurata dall’inatteso intervento di una misteriosa potenza amica: una potenza in grado di guarire ogni male e prolungare indefinitamente la vita degli individui, così come di interrompere ogni forma di comunicazione, e paralizzare interi eserciti. Per buona sorte dell’umanità, questa immane potenza si manifesta nel momento in cui l’olocausto atomico rischia l’annientamento della civiltà, dichiarando di voler mettere le proprie conoscenze al servizio del bene comune.

I nuovi arrivati, si scoprirà, nulla hanno a che fare con creature aliene: sono piuttosto membri di una comunità che si fa chiamare Empedocle, e per secoli ha vissuto separata e nascosta, sperimentando quello che sarebbe successo «se l’umanità, invece di affondare nel lungo Medioevo, avesse continuato a progredire come ai tempi del miracolo greco».
È evidente l’analogia tra le vicende di questi ultimi mesi e quelle descritte da Maalouf: come nel corso della pandemia da Covid, anche nel romanzo l’irrompere di un agente esterno, inatteso e incontrollabile, mette in crisi gran parte delle certezze di un mondo che si scopre indifeso, vulnerabile, e bisognoso di ripensare radicalmente la scala dei valori su cui costruire il proprio futuro. L’aspirazione a una palingenesi non è nuova in Maalouf, che già nei Disorientati aveva messo in scena un protagonista di nome Adam, il quale diceva di sé «porto nel mio nome l’umanità nascente ma appartengo a un’umanità che si sta spegnendo». Qui, la coprotagonista, Ève, gioisce dell’«agonia del vecchio mondo», e nei libri che scrive si identifica con Lilith, la compagna ribelle di Adamo.

Come già in altri suoi romanzi, Maalouf si diverte a attribuire ai personaggi nomi evocativi: la denominazione di Empedocle allude a una civiltà dotata, come il filosofo agrigentino, di una scienza superiore che sembra in grado di guarire ogni malattia, ma che alla fine si sottrae al mondo e alle sue aspettative miracolistiche. Il nome del terrorista pazzo, Sardar Sardarov, riecheggia un titolo militaresco diffuso in gran parte dell’Asia e del Medio Oriente, mentre al presidente degli Stati Uniti che, dopo avere prefigurato un mondo paradisiaco, assiste con rimpianto alla sua perdita, ben s’attaglia il nome Milton. Non a caso, inoltre, il portavoce di Empedocle si chiama Demostene, l’eloquente per antonomasia; ma perché il mite traghettatore avrà il nome di Agamennone, famoso più per la sua hybris che per altro? E l’enigmatica Elettra, che appare la suprema autorità, a quale delle infinite rappresentazioni della figlia dell’Atride farà allusione? Che il nome sia scelto proprio a indicare l’elusività del personaggio?

Le reazioni suscitate nel romanzo dall’evento inatteso presentano molte analogie con le vicende odierne: dopo il primo momento di sbigottimento, e di terrore di una catastrofe universale, subentra il sollievo e addirittura l’entusiasmo nell’apprendere le dichiarazioni di amicizia e di fraternità di questi «fratelli inattesi». I più avveduti, però, si domandano fino a che punto si possa essere al sicuro sotto la protezione di una «potenza» che si dichiara amica ma su cui non si ha il minimo controllo. Se essa dispone di tecnologie infinitamente superiori alle nostre, che senso ha parlare di «amicizia»? In un rapporto di forze così sbilanciato, «fratelli» sarebbe solo un eufemismo per coprire la condizione di «schiavi» e «padroni».

In forma di diario
Inoltre, anche nell’ipotesi che si realizzi realmente una prospettiva irenica di amicizia e collaborazione, il mondo andrebbe comunque incontro a cambiamenti radicali: «Se diventa possibile sconfiggere le malattie, differire la vecchiaia, allontanare la morte, niente nella vita degli uomini ha la stessa importanza di prima: il denaro, il tempo, il lavoro, le gerarchie sociali, i rapporti di forza». Consci di questo pericolo, gruppi di «patrioti» denunciano lo strapotere di Empedocle, che «minaccia la nostra indipendenza, la nostra sovranità, nonché la libertà e la dignità dei nostri concittadini» e con un attentato mettono fine alla permanenza tra noi dei misteriosi benefattori.

Lo stile in forma di diario coinvolge in prima persona il lettore che si identifica negli interrogativi del protagonista, ansioso di saperne di più su questi fratelli misteriosi e consapevole dei problemi che man mano si presentano. Annose e tuttora irrisolte le questioni sollevate da Maalouf, con il suo consueto stile scorrevole ma capace di penetrare in profondità: lo sviluppo sostenibile, le gerarchie dei valori, il ruolo della scienza, i pericoli di dissoluzione identitaria; ma anche il problema delle scelte etiche imposte dalle limitate risorse di salvezza: per noi i vaccini, nel libro gli «ospedali galleggianti». E, nell’ottica dei rapporti tra colonizzatori e colonizzati, è istruttivo il rovesciamento dei punti di vista che il romanzo propone a una «civiltà occidentale» abituata a sentirsi sempre dalla parte della ragione in virtù della propria superiorità tecnologica. Piuttosto, il catalogo delle grandi questioni messe in campo da Maalouf soffre di una lacuna: come sarà governato Empedocle? La concordia in una comunità di saggi è, infatti, niente altro se non un bel sogno utopico.