Kevin Spacey al manifesto: «Altro che Frank Underwood, la politica è bella»
Intervista Sul set di «House of Cards» insieme a Kevin Spacey, ovvero Frank Underwood. La nuova stagione, in onda dal 16 marzo, sembra dialogare con la campagna elettorale americana
Intervista Sul set di «House of Cards» insieme a Kevin Spacey, ovvero Frank Underwood. La nuova stagione, in onda dal 16 marzo, sembra dialogare con la campagna elettorale americana
Il momento di gran lunga migliore dell’ultimo dibattito presidenziale repubblicano è avvenuto durante un break pubblicitario, quando lo schermo è stato riempito dallo spot elettorale di Frank Underwood, candidato virtualmente indistinguibile da quelli in piedi su palco del Venetian, salvo per il maggior carisma e la superiore qualità di produzione dello spot. Un’intervento situazionista quanto più adatto a una stagione che con la sovrapposizione di politica e spettacolo sembra fatta apposta per il presidente inventato da Beau Willimon e interpretato da Kevin Spacey.
Anche nell’efferato mondo di House of Cards, infatti, è tempo di campagna elettorale che non a caso è destinata a sovrapporsi perfettamente a quella vera con prevedibile ricchezza di spunti – soprattutto se nell’anno di Hillary, Claire Underwood (Robin Wright) deciderà come molti credono, di candidarsi come avversaria del marito, in seguito alla rottura fra i due che ha chiuso l’ultima stagione.
Willimon che ha cominciato la carriera come giornalista politico (ed è l’autore de Le idi di marzo, il bel thriller elettorale del 2011 con George Clooney) ha dimostrato già l’anno scorso un senso sopraffino per la verosimiglianza, ad esempio con la trama dei contrasti fra Underwood e l’intrattabile controparte russa, il presidente Petrov, i cui pessimi rapporti vertono in parte sull’intervento in medio oriente.
La quarta stagione di House of Cards debutterà il 16 marzo, due settimane dopo Super Tuesday – la tornata delle primarie in cui voteranno una dozzina di stati, e all’indomani delle primarie in Florida, Illinois, North Carolina ed Ohio che potrebbero avere un peso decisivo sulla selezione del prossimo candidato repubblicano alla presidenza. Nell’universo parallelo di House of Cards Underwood è un democratico del South Carolina ma non è mai stata la sua fede politica il punto della narrativa che è soprattutto una sguardo su intrigo politico e fascino del potere – ed un esercizio di catarsi sommamente politically incorrect.
«Si svolge a Washington – spiega Willimon mentre accompagna un pò trafelato una visita guidata al set – Quindi parla di politica americana. Ma in realtà il vero soggetto è il potere, e il potere è universale. Risale ai greci e non invecchia mai. Offre sempre spunti per nuove esplorazioni. In questo caso attraverso personaggi il cui mestiere è gestire e pensare il potere. Mi interessa esplorare come lo fanno anche nel loro matrimonio».
L’ultima stagione allontanandosi dall’intrigo iniziale dell’ ascesa alla presidenza ha dato qualche cenno di stanchezza. La risonanza con la realtà «vera» potrebbe rinvigorire la prossima serie anche se, date le attuali premesse, specie della gara repubblicana che potrebbe culminare in una spaccatura del partito a causa dell’insurrezione di Trump, c’è il rischio che la realtà superi la finzione.
Le riprese della serie che in Usa è proposta su Netflix, avvengono in un complesso industriale riconvertito a teatri di posa a metà strada fra Washington e Baltimora lungo un tratto particolarmente anonimo della tangenziale I-95.
Negli stabilimenti sono stati ricreati in rigorosa scala 1:1.10, repliche esatte dello studio ovale, la west wing della casa bianca, la residenza di Underwood e tutti gli altri locali che fanno da sfondo alle machiavelliche macchinazioni di Frank.
È qui, durante una pausa della lavorazione, che incontriamo proprio lui, o meglio il suo sosia Kevin Spacey.
Insomma la vera campagna elettorale influenzerà quella simultanea di Frank Underwood?
Sapevamo sin dall’inizio che ci sarebbe stata una campagna elettorale e che sarebbe coincisa con quella nella serie. La nostra però rimane una finzione, e anche se alcuni giornalisti veri appaiono come se stessi non c’è una vera commistione. Detto questo è certamente interessante che avvengano contemporaneamente.
Non è escluso che qualche elettore «vero» possa decidere di votare per Underwood.
(Ride) Potrei raccontare molto sull’argomento. Mi limito a dire che quest’anno, in una elezione in Egitto, nello spoglio delle schede elettroniche sono arrivato primo!
A che punto è la storia degli Underwood?
Per me l’aspetto più interessante nella terza serie è come questa coppia, abituata ad agire subdolamente nell’ombra reagisce al fatto di trovarsi all’improvviso sotto i riflettori della presidenza. Fanno molta fatica a gestire questa situazione per loro completamente nuova. Noi possiamo osservare i loro conflitti e ciò che imparano di sé stessi. Le difficoltà offrono sempre gli spunti migliori per la sceneggiatura, quindi è stato incredibile culminare nella rottura proprio all’inizio della campagna elettorale. Quando torneremo la campagna entrerà nel vivo.
A giudicare dal passato la vostra trama potrebbe essere speculare alla campagna presidenziale?
Effettivamente Beau ha davvero un sesto senso Qualche settimana fa ho visto una foto di Putin e Obama che si davano la mano e il modo in cui si guardavano sembrava un fotogramma dell’incontro di Underwood con Petrov. È davvero affascinante. Certo non scriviamo il copione tentando di imitare la realtà ma ogni anno dopo aver scritto la sceneggiatura, girato e montato un episodio nella cronaca è avvenuto qualcosa di molto simile. E ogni volta io e Beau ci guardiamo rassegnati. La gente crede che abbiamo imitato i titoli dei giornali mentre è vero il contrario.
Lei ha pubblicamente sostenuto Bill Clinton. Qual è il suo rapporto con la politica?
È iniziato molto presto. Da ragazzo ho fatto il volontario per la campagna elettorale di Jimmy Carter. Poi ho partecipato alla campagna di John Anderson (candidato indipendente, ndr) e a quella di Ted Kennedy nel 1980. E alle iniziative a favore di Bill Clinton. Credo nell’importanza dell’impegno politico – e nemmeno le trame ciniche e macchiavelliche di House of Cards mi hanno dissuaso. Come penso non abbia dissuaso nemmeno uno spettatore. La nostra storia affascina perché tutti abbiamo quotidianamente a che fare con dei giochi di potere nelle nostre vite. Esiste la politica di professione, ma qualunque sia la vostra, la politica ne fa parte in quel senso. Probabilmente i nostri personaggi esercitano un fascino perché al di là dei metodi che usano ottengono risultati.
Lei è un idealista?
No, semmai credo che la politica possa essere molte cose. Può essere senza scrupoli, può essere dura le campagne possono essere sporche ma poi almeno nel caso dei politici migliori è possibile anche fare un gran bene quando si lavora assieme per risolvere problemi comuni. Basta guardare la storia di questo Paese, anche quella molto recente, per vedere esempi di riforme che poco prima sembravano impensabili
Un ottimista insomma.
Sempre stato. Poi certo, amo raccontare gli aspetti peggiori delel cose anche se questo non ha mai modificato il mio entusiasmo per la politica come servizio pubblico.
A proposito dei Clinton che lei conosce bene, avrebbe consigli da dare a Hillary per la sua campagna?
Non mi permetterei mai, non sta certo a me darle consigli. Credo che la gente imparerà a conoscerla sempre meglio e che lei farà di tutto perché riescano a farlo
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