Gianna Fracassi, vicesegretaria (unica, dopo che Vincenzo Colla è diventato assessore in Emilia-Romagna) della Cgil, voi avete capito cosa ci sarà nel decreto Maggio? Conte ve l’ha spiegato martedì sera?
I testi non li abbiamo visti ma abbiamo avuto risposte positive rispetto alle nostre richieste: ammortizzatori ed estensione delle tutele per i lavoratori finora esclusi come quelli della cultura e dello spettacolo, colf e badanti, e ulteriore stop ai licenziamenti. Per questo diciamo che è stato un incontro positivo anche se aspettiamo la pubblicazione.

Gianna Fracassi, vicesegretaria Cgil

La crisi post chiusura sarà durissima. Avete delle stime? Come bisognerà affrontarla?
Difficile stimare la disoccupazione ma probabilmente il pil quest’anno scenderà più dell’8% stimato dal governo. Proprio per questo bisogna intervenire prima predisponendo strumenti che aiutino chi sarà colpito dalla crisi. Purtroppo saranno soprattutto giovani e donne che rappresentano già le filiere principali di sottoccupazione: sono 3 milioni i part time involontari e di questi il 70% sono donne. Senza aiuti la crisi sociale rischia di essere fortissima per loro. Serve un piano straordinario per loro: un modello di lavoro garantito con lo stato come datore di ultima istanza.

Bonomi, nuovo presidente di Confindustria, però si comporta già da falco: contesta i troppi ammortizzatori e chiede soldi solo per le imprese.
Speriamo di aver capito male ma se la richiesta di Confindustria è di non dare risorse per la cassa integrazione e contro la povertà e di avere risorse alle imprese senza alcuna condizionalità con lo Stato semplice erogatore di incentivi a fondo perduto si tratta di una ricetta vecchia e sbagliata. Colpisce che non si capisca che il quadro è completamente cambiato e inedito: non si può far finta di niente e tornare al 20 di febbraio come nulla fosse. Anche perché il 19 febbraio non è che stessimo bene. In tutta Europa gli stati indirizzano lo sviluppo, specie nei settori ad alta crescita e innovazione. Noi non lo facevamo e anche per questo avevamo e abbiamo la crescita più bassa in Europa.

La Cgil e il manifesto in questi giorni sono accomunati dall’accusa di essere filogovernativi pro Conte. A noi non piace e la respingiamo. Voi?
È una nomea imbarazzante (ride). La Cgil per tanto tempo è stata descritta come «il sindacato del no», sempre contro ad ogni governo. Non è così: noi abbiamo sempre guardato al merito e continueremo a farlo. Solo poche settimane fa a Conte che aveva allargato i codici Ateco dei settori essenziali abbiamo minacciato uno sciopero. In queste settimane difficili ci siamo concentrati sulle risposte da dare alle persone che rappresentiamo. All’inizio la priorità è stata la richiesta di salute e sicurezza e così abbiamo costruito con governo e categorie delle imprese due Protocolli che sono unici in Europa e di cui gli altri sindacati ci chiedono i materiali. Se il governo ci ascolta e si confronta siamo contenti, ma le critiche rimangono. Come nel decreto per le liquidità alle imprese: chiediamo sia sottoposta a condizioni stringenti, non a pioggia.

Di certo, come noi, non appoggiate il M5s che si mette di traverso sulla regolarizzazione dei lavoratori migranti.
Lo abbiamo detto a Conte: è un provvedimento sacrosanto. Sia dal lato del lavoro – sicurezza e tutele a braccianti schiavi dei caporali, colf e badanti e lavoratori della logistica sfruttati – che da un punto di vista di civiltà, dignità e legalità contro le mafie. È un grave errore non farlo, lo dicevamo anche al Conte 1: regolarizzateli.

Per qualche ora martedì è sembrato che il governo proponesse la riduzione di orario a parità di salario. Subito smentita: per affrontare la crisi si propone alle parti sociali di fare accordi per sostituire parte dell’orario con formazione incentivata.
Nessuno ci sorpassa a sinistra sulla riduzione di orario a parità di salario. La Cgil lo propone da anni. A prescindere dal Covid. In questo momento il tema diventa di straordinaria attualità perché tutte le imprese necessariamente devono ripensare il loro modello organizzativo. Conte non ci ha spiegato come intendono applicarlo, noi siamo per una discussione generalizzata per cambiare il paradigma produttivo interamente anche rispetto all’impatto della rivoluzione tecnologica. La formazione è un argomento chiave: garantirla a tutti i lavoratori, pagando le ore dei corsi, è solo un primo passo, già previsto in molti contratti nazionali.

Lei è insegnante. Sulla scuola il governo Conte è iper criticabile.
Glielo abbiamo ribadito tante volte. Nei confronti di bambini e ragazzi abbiamo 4-5 mesi di debito di sviluppo e sociale. Chiediamo al governo risposte da subito, non a settembre, su un piano di edilizia per consentire distanziamento e efficienza energetica; stabilizzazioni e nuove assunzioni per consentire la turnazione delle classi e rilanciare la scuola; nuova didattica e percorsi scolastici. La scuola deve essere una priorità dell’Italia post Covid.