La nuova ondata di imbarcazioni alla deriva, con 3 mila migranti davanti alle coste della Sicilia. E una giornata di violenza, disperazione, caos lungo la frontiera della Macedonia.

L’emergenza è scattata ieri al largo della Libia: migliaia di persone stipate in 7 barconi e oltre 16 gommoni alla deriva nel canale di Sicilia. Sono state individuate da mezzi italiani ed europei di pattuglia nel Mediterraneo, in seguito alle segnalazioni arrivate alla Guardia di costiera. Mentre il giornale va in stampa, proseguono le operazioni di soccorso, con oltre 1.700 persone già portate in salvo.

Naturalmente c’è chi, a destra, si lamenta invece di congratularsi con la Marina militare, la Guardia di finanza, la Guardia costiera, i mezzi delle vicine capitanerie di porto e con le navi dell’operazione Triton che hanno salvato migliaia di vite: «Stanno soccorrendo tremila clandestini. Ma stiamo scherzando? – si scandalizza in una nota Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia – Qui si va oltre lo scafismo di Stato. Sembra un governo alla Casamonica. Umiliati e beffati dall’Ue, usiamo le nostre forze per alimentare gli affari dei trafficanti e farci invadere».

E contemporaneamente, a Palermo, sono stati arrestati sei egiziani ritenuti gli scafisti dell’imbarcazione soccorsa in acque internazionali dalla nave Diciotti della Capitaneria di porto. Erano sbarcati insieme agli altri migranti messi in salvo, ma gli inquirenti sono riusciti ad identificarli grazie alle testimonianze dei naufraghi che hanno raccontato di decine di donne e bambini chiusi a chiave sotto coperta e fatti uscire soltanto dietro pagamento di un riscatto chiesto ai parenti.

In Macedonia, la «barricata» eretta dalla polizia e dall’esercito al confine con la Grecia non ha retto sotto la pressione della disperazione. Secondo fonti locali, circa 2.000 profughi e migranti hanno oltrepassato la frontiera e sono entrati nel Paese, sotto il fuoco delle granate assordanti sparate per la seconda volta in due giorni, la maggior parte di loro con l’obiettivo di proseguire verso il Nord Europa.

Nella speranza di raggiungere intanto la Serbia su uno dei cinque treni messi a disposizione ogni giorno, in molti si sono diretti verso la stazione di Gevgelija, cittadina sulla frontiera meridionale macedone dove da giovedì sono bloccati dai militari inviati dal governo di Skopje, dopo la dichiarazione dello stato d’emergenza. Human Rights Watch denuncia anche l’uso di «lacrimogeni e proiettili di gomma», e chiede alle autorità macedoni di fermare «immediatamente» le forze dell’ordine.

Secondo quanto riferito dal portavoce della polizia macedone, Ivo Kotevscki, la folla avrebbe sfondato il cordone delle forze dell’ordine durante uno dei frangenti in cui il varco di frontiera viene aperto per far passare piccoli gruppi, 200 persone alla volta. A premere sono migliaia di donne uomini e bambini provenienti perlopiù dalla Siria, ma anche da Pakistan, Bangladesh e Somalia.

«Nelle ultime 24 ore in Macedonia sono entrati 826 profughi, di cui 163 minori; tra questi figurano 25 ragazzi senza genitori. Com’è possibile – si lamenta Kotevscki – che questi ragazzi siano arrivati da soli fino a qui, perché le autorità greche non li hanno fermati?». Il governo macedone protesta anche con l’Europa e chiede a Bruxelles di inviare aiuti per poter affrontare quest’emergenza.