Doveva essere il giorno della nascita della nuova società a maggioranza pubblica. E invece per Industria Italiana Autobus è arrivata l’ennesima fumata nera.
In presidio – infradiciti dalla pioggia – per tutto il giorno sotto il palazzo del quartiere Prati di Roma dove si teneva l’assemblea dei soci, i lavoratori di Bologna e Valle Ufita (Avellino) hanno concluso la loro giornata di attesa delusi nonostante sia stato scongiurato il pericolo peggiore: la liquidazione della società – sotto la minaccia di portare i libri in tribunale – grazie ad una «flebo» di liquidità garantita da Invitalia e Leonardo.
Il tutto a causa delle difficoltà finanziarie dell’azienda creata nel 2013 dal manager Stefano Del Rosso ma da subito rivelatasi non in grado di mantenere le promesse di rilanciare la produzione di autobus in Italia, orfana della Fca che con Marchionne chiuse lo stabilimento Irisbus di Valle Ufita (Avellino).
Dopo anni di ammortizzatori sociali e produzioni postate in Turchia – la Karsan detiene il 5 per cento delle azioni ma si è aggiudicata le commesse più redditizie – , la svolta era stata promessa dal ministro Di Maio a ottobre con l’annuncio dell’ingresso nel capitale di Bus Italia, la controllata di Fs.
Insieme al ritorno di Leonardo, l’ex Finmeccanica proprietaria di Breda Menarini di Bologna, che tornava al settore civile dopo che l’epoca Moretti aveva svoltato sul solo settore difesa come core business.
I ritardi nell’operazione e il mancato pagamento degli stipendi avevano portato i 154 operai di Bologna e i 390 di Valle Ufita a scioperare il 15 novembre. E a prepararsi a contestare lo stesso Di Maio nel suo viaggio di due giorni fa a Pomigliano e nella Terra dei fuochi, costringendo lo stesso ministro ad incontrarli e ad assicurare il pagamento dello stipendio di ottobre.
Ieri dunque l’assemblea dei soci di Industria Italiana Autobus, dove Del Rosso continua a tenere sotto scacco il governo perché per lasciare chiede di essere adeguatamente ripagato degli investimenti, non ha portato a nessuna soluzione strutturale.
A metà pomeriggio il presidente di Invitalia – la costola del ministero dello sviluppo che dovrebbe rilanciare le aziende e che dall’inizio è entrata in Iia – Domenico Arcuri, lasciando la riunione, ha brevemente comunicato ai lavoratori in attesa al presidio che la soluzione adottata era quella di «una flebo», un’iniezione di denaro per permettere il pagamento degli stipendi in vista di una soluzione più strutturale.
Tutto aggiornato all’assemblea dei soci del prossimo 11 dicembre, dunque. «Poteva essere la giornata del rilancio con la ricapitalizzazione pubblica, ma tutto è rimandato ancora una volta – commenta Michele De Palma, segretario nazionale della Fiom Cgil – . Invitalia ha confermato il proprio impegno insieme a Leonardo sul rilancio produttivo e industriale grazie alla ricapitalizzazione».
Ancora attesa anche per l’ingresso di Bus Italia. «Ferrovie dello Stato non ha ancora deciso se entrare nella società, valuterà l’ingresso entro i primi dieci giorni di dicembre», spiega De Palma.
A questo punto la Fiom chiede che «sia riconvocato il tavolo al Mise per un incontro con la nuova compagine proprietaria, con Ferrovie dello Stato, per avviare il confronto sul piano di investimenti necessario e riportare le produzioni negli stabilimenti ex BredaMenarinibus ed ex Irisbus».
L’unico aspetto positivo della giornata risulta quindi essere la rassicurazione sugli stipendi di novembre, dopo i ritardi sul pagamento di quelli di ottobre. «Abbiamo incontrato un componente del cda che al termine della riunione, è stata garantita la prossima erogazione delle retribuzioni», conclude De Palma.