Il governo Meloni si è impegnato a cambiare le norme sui risarcimenti Inail per gli studenti che moriranno nel periodo di alternanza scuola lavoro. In questo modo sarà possibile riconoscere alle famiglie che subiranno la perdita gravissima, irrecuperabile e ingiustificabile di un figlio o di una figlia una somma di denaro. Oggi non lo è perché gli studenti in «alternanza scuola-lavoro» non sono riconosciuti come «capofamiglia», non sono «lavoratori», né praticanti o apprendisti, e nemmeno «stagisti». Ufficialmente sono considerati «osservatori» dei processi di lavoro ritenuti necessari per «orientarsi», acquisire le «competenze trasversali» e diventare «occupabili».

IL CONCETTO di «occupabilità» è diventato noto nelle ultime settimane perché il governo si è impegnato a cancellare il «reddito di cittadinanza» a 660 mila beneficiari inquadrati in questa categoria. L’alternanza scuola-lavoro serve a distillare questa mentalità sin dalla più giovane età e a rendere «naturale» l’idea che la scuola serve ad «apprendere ad apprendere». Con questa tautologia lo Stato italiano, la commissione Europea, la stragrande maggioranza delle forze politiche e sindacali intendono la capacità degli studenti, e dei lavoratori, di farsi concavi e convessi rispetto alle domande congiunturali del mercato del lavoro. Sono dunque i soggetti a doversi adeguare alle «competenze» richieste dal mercato, non quest’ultimo a doversi adeguare all’autonomia dei soggetti.

L’INTERVENTO del governo è stato annunciato dopo la diffusione della notizia del mancato risarcimento per la famiglia dello studente Giuliano De Seta, 18 anni, morto schiacciato da una lastra di una tonnellata durante l’alternanza scuola lavoro nello scorso settembre. È stata la terza vittima dopo Lorenzo Parrelli (18 anni) e Giuseppe Lenoci (16 anni) deceduti anche loro nel 2022. «Quando muore un giovane durante un periodo di alternanza scuola-lavoro in azienda è una grave sconfitta per il sistema creato a protezione della vita di ogni lavoratore – ha detto la ministra del lavoro e delle politiche Sociali Marina Calderone – A questo si aggiunge anche il senso di profonda ingiustizia che deriva dal vulnus normativo esistente che consente il risarcimento economico ai familiari, solo quando a subire l’infortunio mortale è il principale percettore del reddito. La norma va cambiata immediatamente e lo faremo con il prossimo decreto a cui stiamo lavorando in questi giorni». «Predisporremo una normativa più giusta e più avanzata» ha confermato il ministro «dell’istruzione e del merito» Giuseppe Valditara.

PIÙ CHE IL RISARCIMENTO («Non ce ne importa niente») dalle dichiarazioni dei genitori di Giuliano De Seta a Repubblica è emersa una richiesta di giustizia, cioè «sapere com’è morto nostro figlio», e la domanda di gestire in maniera diversa e sicura l’alternanza scuola-lavoro. Dai primi passi fatti ieri dal governo rischia invece di ridurre questo dramma incommensurabile a una questione monetaria. Gli studenti resterebbero cittadini in una terra di nessuno: né lavoratori né apprendisti, ma titolari del diritto ad essere risarciti nel caso di morte. Agghiacciante.

IN POCHISSIMI (Rete Iside, Osa e Usb) si sono accorti ieri dei paradossi di questa tragedia e hanno chiesto l’abolizione di un esperimento che coinvolge più di un milione di studenti ogni anno. Un simile progetto è organico a un’istruzione funzionale al mercato e non all’estensione della democrazia. Altri hanno chiesto di «revisionare» l’alternanza o di finanziare un piano di investimenti per la sicurezza sul lavoro. Quest’ultimo è necessario, ma non risolve la specificità di un problema che interroga il significato stesso dell’istruzione.

L’ALLEANZA VERDI-SINISTRA ha chiesto l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sull’alternanza. I senatori Ilaria Cucchi e Peppe De Cristofaro hanno presentato un’interrogazione a Valditara sul caso della «Mes Spa», un’azienda romana che opera anche nel settore militare e spaziale e ha aperto un percorso di alternanza scuola lavoro con un istituto professionale della Capitale. «Che rapporto hanno gli studenti con le armi o parti di esse?».