È sulle note del brano Love me di Joe Victor che nel documentario Il sole sorge a sud medici e volontari italiani ed etiopi di Lazio Chirurgia Solidale garantiscono cure essenziali e chirurgia specialistica nell’ospedale Hewo, operativo dal 2000. Siamo a Quihà, nel nord dell’Etiopia, a una decina di chilometri da Mekelle, il capoluogo della regione del Tigray. I pazienti arrivano dai villaggi e dalle campagne. Talvolta viaggiano per giorni per una visita, sanno che qui anche i più poveri si possono curare, perché all’Hewo la medicina e la chirurgia sono gratuite. L’ospedale ha un reparto maternità e uno di pediatria, un ambulatorio e l’odontoiatria. Nel documentario le corsie dell’ospedale diventano la lente attraverso cui leggere un paese spesso raccontato come luogo di miracolosa crescita e oggi devastato dalla guerra.

IL GIOVANE regista Flavio Gianandrea, classe 1998, posa lo sguardo su ciò che rende unico questo luogo: la comunità come terapia così come nella visione di Carlo Travaglino e Franca Pesce che nel 1969 erano già in quella che oggi è l’Eritrea accanto ai malati di lebbra e nel 1974 danno vita a Hewo, acronimo di Hansenians’ Ethiopian Welfare Organization. All’Hewo la medicina che cura la lebbra, affronta malattie complesse e da noi rarissime e sfida la malnutrizione infantile, è l’attività principale di un centro dove si lavora, si fa scuola ai bambini dell’asilo, si coltiva la terra. Perché, come ricorda Giorgio Pasquini, presidente e fondatore di Lazio Chirurgia, «la salute non è solo assenza di malattia, ma una condizione complessiva dello spirito e del corpo a cui contribuiscono istruzione, lavoro, gioco e diritti». Insieme, italiani ed etiopi costruiscono percorsi di reinserimento sociale. Hewo è dunque una comunità dove si tenta di immaginare il futuro in una terra difficile e bellissima. Un futuro che la guerra rischia di distruggere perché dal novembre del 2020 il Tigray è teatro di un conflitto feroce.

«L’OSPEDALE era un centro di eccellenza ma ora funziona a fatica. Non riusciamo a mandare denaro perché le banche non l’accettano. Farmaci e materiale che avevamo spedito sono fermi da mesi all’aeroporto di Addis Abeba. Infermieri e medici locali hanno paura e non escono più di casa, oppure sono scappati», spiega Pasquini. Per accendere i riflettori sulla guerra, oggi alle 17:30 alla Casa del Cinema di Roma sarà proiettato il documentario Il sole sorge a sud. Seguirà il dibattito «Non lasciamo che la guerra distrugga il futuro d’Etiopia» con i volontari di Lazio Chirurgia Solidale, la Onlus che dal 2004 organizza missioni chirurgiche e medico-sanitarie in Tigray, in cui saranno forniti aggiornamenti sul conflitto in corso e sulle attività dell’ospedale. «È doloroso vedere la Fraternità sovrastata da una guerra che come prime vittime ha i più poveri e gli ammalati» commenta Giancarlo Bertacchini, membro del consiglio direttivo di Hewo Modena. Il chirurgo Alberto Angelici osserva: «In corso da oltre un anno, la guerra voluta dal premier Abiy Ahmed [insignito del Nobel per la Pace 2019, ndr] è scoppiata per motivi non del tutto chiari. L’obiettivo dichiarato – voler recuperare il controllo politico e militare del Tigray – è stato perseguito aprendo le frontiere all’esercito eritreo. È stato dato il benestare alle stragi etniche perpetrate dagli Amhara nei confronti dei loro nemici storici, i Tigrini. La regione è stata isolata sia militarmente sia chiudendo ogni contatto con il mondo: comunicazioni telefoniche, internet, banche, collegamenti aerei e stradali. Gli aiuti umanitari sono stati bloccati. Le notizie, frammentarie, che riceviamo dal personale del nostro ospedale in Tigray, indicano una situazione che possiamo solo intuire drammatica, senza averne una consapevolezza, che sarà certamente peggiore di qualunque previsione».