Sul manifesto del 7 giugno in un articolo sull’Ilva, a firma di Vincenzo Comito, leggo: «Ora dal piano 2014-2020 apprendiamo che sul fronte ambientale non è stato fatto quasi nulla; nel 2013 sono stati spesi in tutto sulla questione 104 milioni di euro».

Vi mando lo stato di attuazione del Piano ambientale per l’Ilva, allegato al Piano industriale, dal quale si evince in modo documentato che: le numerose prescrizioni dell’Aia del 2011 sono state quasi interamente attuate, tranne alcune descritte nel citato allegato che sono in via di attuazione, salvo 3 delle 97 prescrizioni più impegnative dell’AIA del novembre 2012, 53 sono state attuate e le altre sono in corso di attuazione, salvo 4 delle 16 ulteriori prescrizioni aggiunte recentemente dal Piano ambientale, una è stata attuata e tutte le altre sono in corso.

I dati complessivi portano all’81% del numero totale delle prescrizioni ambientali attuate, quelle non ancora ultimate sono quelle più impegnative e onerose, che sono però state avviate.

Quali sono stati i risultati ambientali, in questo primo anno di commissariamento, misurati non a chiacchiere, ma dalle centraline dell’Arpa nella città di Taranto (Allego anche la relazione dell’Arpa): la qualità dell’aria misurata è rientrata per tutti i parametri nella norma, in particolare per le polveri sottili è ampiamente sotto i livelli di norma e gli sforamenti nel 2013 sono nettamente calati, a qualche unità, e sono largamente al di sotto dei 35 annui previsti.

La riduzione dell’inquinante più preoccupante, il benzoApirene (BAP), misurata con i dati della stazione vicina all’Ilva, è stata di dieci volte: da 1,8 nanogrammi al metro cubo nel 2011, agli attuali 0,18 come media annua del 2013 (il limite di legge è 1).

Come è stato possibile raggiungere questi risultati spendendo solo 104 milioni? Intanto perché quelli sono solo, in larga parte, anticipi che hanno consentito di firmare contratti e di avviare lavori per oltre 600 milioni, poi perché molte misure gestionali sono state attuate con risorse interne senza spese aggiuntive e infine perché una parte delle misure hanno comportato sì costi, ma che non rientrano in quelli citati: per esempio i costi prodotti dalla fermata di 6 cokerie su 10, di due altoforni su cinque, della riduzione degli stoccaggi di minerale e fossile, di riduzione della produzione per «wind day» e per limitare gli impatti di emissioni delle torce. Grazie per l’attenzione.

Edo Ronchi, sub-commissario dell’Ilva agli aspetti ambientali 

 

La lettera di Ronchi mi sembra la benvenuta perché, mentre aggiunge informazioni rilevanti sul quadro ambientale dell’Ilva, ne modifica in parte le prospettive. D’altro canto, devo sottolineare che i dati da me citati nell’articolo, sul fronte ambientale come su quello finanziario, sono tratti da fonti ufficiali. A pagina 3 (di diciotto in tutto) del piano strategico Ilva 2014-2020, divulgato nel maggio 2014, si parla per il 2013 proprio di 104 milioni sul fronte ambientale, senza riferimenti al fatto che essi erano parte di una spesa già in atto di 600 milioni, mentre mi sembra che in nessuna pagina del documento venissero indicati, non dico con enfasi, ma in nessun modo, gli importanti risultati sul fronte ambientale ottenuti secondo i dati citati da Ronchi.

Dalla sua lettera, d’altro canto, si percepisce che i livelli di inquinamento dell’aria su Taranto sono già dentro le norme e tutto questo spendendo soltanto poche centinaia di milioni di euro. E tutto il caos scatenatosi intorno ai problemi dell’Ilva in questi ultimi anni verteva quindi intorno a così pochi soldi?

Questo pone due ulteriori problemi: come mai la notizia non è stata divulgata sui media con ricchezza di particolari e titoli da prime pagine e come mai le stime di alcuni esperti del settore (qualcuno dei quali interpellati da me e da Riccardo Colombo nel volumetto sull’Ilva da noi pubblicato circa un anno fa presso le edizioni dell’Asino; vi si riportavano delle stime relativamente analitiche in merito) parlavano della necessità di almeno 3,5 miliardi di investimenti?

Rilevo su di un altro piano come la posizione di Ronchi come sub-commissario agli aspetti ambientali sia in scadenza e come probabilmente la Confindustria, e quindi il governo, abbiano poca voglia di rinnovare il mandato a qualcuno che si occupa in ogni caso di un tema in sé fastidioso. Ma vedremo.

Vincenzo Comito