La campagna elettorale per il «no» all’indipendenza della Scozia del leader laburista Ed Milliband si è chiusa con una clamorosa contestazione. Milliband è stato costretto a lasciare l’assembramento a cui partecipava in fretta e furia mentre i sostenitori del «sì», gridavano a squarciagola «bugiardo». Milliband è solo l’ultimo di una serie di politici, arrivati nel centro di Edimburgo, e contestati dalla folla mentre tentavano di incontrare venditori ambulanti e semplici cittadini.
Milliband ha in seguito confermato la sua intenzione di continuare a parlare con gli indecisi nelle prossime ore. «Penso abbiamo visto il lato peggiore della campagna per il “sì”», ha detto Milliband dopo la contestazione. «La passione ha prevalso sui modi civili con cui dovrebbe svolgersi una campagna referendaria come questa», ha aggiunto il leader laburista che, insieme a Cameron e Clegg, ha promesso, in una lettera pubblicata dalla stampa locale, di estendere i privilegi di cui già la Scozia gode nel caso in cui il referendum per l’indipendenza dovesse essere bocciato.

L’episodio rivela però una più generale disaffezione dell’elettorato laburista, soprattutto nelle periferie urbane. Le cellule locali del Labour in Scozia, secondo un reportage del Guardian, sono «moribonde». Molti pensionati scozzesi, tradizionali sostenitori dei Labour, stanno facendo inaspettatamente e all’ultimo momento campagna per il «sì» all’indipendenza scozzese. Questo dimostrerebbe come il partito stia continuamente perdendo il sostegno della sua base elettorale.
Almeno il 42% dell’elettorato Labour alle elezioni generali del 2010, avrebbe intenzione di votare per il «sì» all’indipendenza. Gli assembramenti a sostegno del «sì» sono affollatissimi, mentre gli oratori parlano di identità nazionale più che politica per giustificare la deviazione dal tradizionale voto di appartenenza. Se gli elettori dovessero seguire le indicazioni di conservatori e laburisti, dovrebbe realizzarsi una vittoria schiacciante dei voti contro la secessione scozzese. Invece, non sembra che si stia delineando questo scenario.

È chiaro che in Scozia, come in molti altri paesi europei, le solide certezze della politica rappresentativa siano un’idea del passato. Eppure gli elettori labouristi avevano resistito alle tentazioni degli euro-scettici dell’Ukip di Nigel Farage. Forse questi elettori di sinistra sono attratti di più da alcuni argomenti del premier scozzese Salmond. Secondo lui, la fine dell’Unione segnerebbe l’inizio di una sorta di riscatto scozzese e dei «danni causati dalle disuguagliaze sociali che hanno costretto il Regno unito, con il tatcherismo, a diventare una delle società più diseguali del mondo».

È vero che in alcuni suoi discorsi pubblici, il conservatore Salmond presenta la sua visione di Scozia, che farebbe gola anche ai movimenti indipendentisti di oltremanica, come un paese progressista sul modello dei paesi scandinavi. Forse queste parole fanno presa sull’elettorato laburista più di quanto Milliband creda.