Aumentano vertiginosamente in Israele i casi di positivi al coronavirus. Ieri sera il totale di contagiati era di 6,808, con 34 decessi registrati in prevalenza questa settimana. Desta molta preoccupazione la città di Bnei Brak – nei pressi di Tel Aviv e popolata da religiosi ultraortodossi – dove il 38% dei circa 200mila abitanti sarebbe positiva al virus. La stima è stata fatta dal dottor Ran Saar che guida l’Associazione sanitaria Maccabi, che ha parlato di decine di migliaia di casi nascosti ancora non registrati. Saar ha fatto appello al governo di agire per prevenire una diffusione ancora più estesa del virus durante la Pasqua ebraica. Gli ebrei ultraortodossi (haredim) hanno accolto con riluttanza le restrizioni annunciate dal governo per contenere la diffusione del coronavirus e non hanno praticato subito il distanziamento sociale. Il governo si prepara a cominciare il trasferimento in hotel e centri speciali di 4.500 anziani di Bnei Brak ritenuti ad alto rischio. Sarà inoltre impiegata la 98ma divisione dell’Esercito per fornire cibo, medicine e altri servizi alla popolazione. Gerusalemme invece resta prima per contagi accertati, con 916 casi.

 

Intanto con altri 21 casi è arrivato a 155 il numero dei positivi al coronavirus nei Territori palestinesi occupati, inclusa la Striscia di Gaza. Si tratta del dato delle nuove infezioni più alto verificatosi sino ad oggi. La maggior parte dei positivi sono lavoratori palestinesi ritornati a casa da Israele e si sono verificati nei villaggi dell’area di Gerusalemme Est. Il premier dell’Anp Mohammad Shtayyeh ha chiesto all’Oms di intervenire su Israele affinché «controlli tutti i lavoratori palestinesi prima di mandarli nei Territori, in modo che questi non vanifichino gli sforzi del governo palestinese per contenere la malattia».