Dove, mi chiedo, dove si possono osservare, in una domenica di gennaio, qualche migliaio di persone, aggirarsi per il periplo di un chiostro della chiesina di un paesino ligure di montagna a cercare, scambiare, semi rari, marze di piante da frutta, lieviti e pasta madre? Hanno fatto molta strada, arrivando qualcuno anche da Roma, e l’ultimo tratto pare fatto apposta per scoraggiare, tutto un saliscendi e curve, con sacchetti, scatole, vassoietti, confezioni le più disparate, fatte in casa, annodate con spaghi. Al Mandillo, non c’è dubbio. Quest’anno, la XVII edizione, si è svolta a Montebruno, nel territorio del Parco dell’Antola.

Quella Liguria nella quale i fiumi, il Trebbia passa proprio di qua, ed ogni altro corso d’acqua vanno tutti a cercare il Po e quindi l’Adriatico. Potenza della legge dell’orografia. Con il mar Tirreno ad un tiro di schioppo, questa parte della Liguria è rivolta verso settentrione. Colline boscose, paeselli distesi lungo frazioni minuscole ma dai nomi bellissimi: Frecciallo, Laccio, Costazza… Questa è terra genovese, non genoana, ai balconi garriscono i vessilli dell’una e dell’altra squadra del capoluogo. Qui, su queste terre impervie, difficili, ha avuto inizio, dopo una riunione al Parco delle Capanne di Margarolo, nel 1994, l’idea del Consorzio della Quarantina.

Nel 1996 fu costituito il Consorzio attorno ad una idea di Massimo Angelini, docente all’Università di Genova, appassionato ricercatore e ruralista. E’ il Consorzio che ha recuperato un centinaio di antiche varietà di patate, con una ricerca capillare lunga e paziente, per vincere la naturale ritrosia dei contadini rimasti a presidiare questo territorio, «una stretta di mano, due parole in dialetto e un bicchiere di vino», condotta valle per valle, baita per baita. Questa azione, vitale in sé, scaturiva dall’esigenza di recuperare, attraverso i semi ed i tuberi delle patate, antico orgoglio valligiano e fonte preziosa di sussistenza.

Massimo Angelini lo racconta nei suoi libri, ne parla ed è un oratore convincente, secco e tranchant, e la storia che narra è questa. Il ritrovarsi di una comunità, il radunarsi di un popolo, in questo momento destinato dalla massificazione e alla sparizione, passa necessariamente dalla propria autonomia economica, e soprattutto dalla propria autonomia di senso attraverso la riappropriazione di una identità di sé in quanto contadini, pastori, boscaioli.

Il Consorzio della patata quarantina, oggi solo della «Quarantina», prende le mosse da questo ragionamento profondo ed appassionato. Angelini è stato per lunghi anni il presidente, oggi la carica è ricoperta da Michele Ravera. Le patate, ma non solo, sono state il collante per la ripresa economica di molte realtà in questi luoghi. Angelini, lungi da ogni vagheggiamento bucolico, ha coniugato l’amore e la ricerca per la biodiversità – parola che contesta, preferendole «varietà» che è più veritiera – indirizzandola alla costruzione di una economia diversa. In un luogo ostico. Qui, su queste montagne, dal permanere in vita delle attività non solo si genera reddito e quindi si evita lo spopolamento, qui, si salva Genova dalle inondazioni. Sono i contadini, i pastori, i boscaioli, i custodi del paesaggio.

Il Mandillo nacque nel 1998 come atto di chiara disobbedienza civile. Una direttiva della CEE, recepita dall’Italia, stabiliva il divieto assoluto dello scambio, del dono, della libera circolazione delle sementi non inscritte nei cataloghi ufficiali. Ovvero, spariva, con un tratto di penna, la semente contadina. Il Mandillo, dal nome del mandillo da groppo, il fazzolettone tradizionale con il quale si trasportavano le cose nel mondo contadino ligure, nacque proprio come autodenuncia. Furono convocati i media e si annunciò: «Noi ci autodenunciamo, noi non ci stiamo, negare la libera circolazione dei semi rurali equivale a negare un diritto originario, diritto naturale delle genti come fare i figli, allevare la prole, fare da mangiare».

Da allora, piccola incertezza su quale sia stato il primo scambio di semi di rilievo e pubblico in Italia – questo o alla Fierucola di Firenze – si sono susseguite diciassette edizioni con una partecipazione sempre crescente. Non solo, gli scambi di semi sono proliferati. Da «Chiamata a raccolto» nel Bellunese, che è quello più partecipato in assoluto, a molti altri in giro per la penisola, da «Babele di Semi» a Torino alla Giornata della civiltà contadina nel Comasco, giunta alla XV edizione, a «Scagnammece ’a semmenta» nel napoletano, «Semiscambi» nel cremonese e tante altre occasioni di scambiare «sementi indipendenti».

Dal 2007 la legge permette lo scambio di sementi non registrate in ambito locale. In Francia, nel luglio scorso, viene istituita una Loi pour la biodiversitè che ugualmente permette e tutela lo scambio e la conservazione in ambito locale delle varietà antiche. Il Consorzio della Quarantina possiede circa trecento varietà, non presso frigoriferi inaccessibili come la banca del germoplasma alle Svalbard o presso gli Istituti di Ricerca delle Università, ma nei campi dei suoi associati. Varietà che sono commercializzate, vendute, trasformate nei locali e ristoranti della zona, coltivate e riprodotte ogni anno, il termine tecnico è conservazione in situ ma significa che sono patate che vivono le stagioni, danno da mangiare e producono semente, quando, ormai, quasi tutta l’agricoltura industriale si basa sulla riproduzione per «occhio» ovvero per spacco del tubero, garantendo così anche l’assenza di virosi.

Il Mandillo nasce in questo contesto, nella locandina di convocazione c’è scritto «Lo scambio funziona se ognuno porta qualcosa» e allora è una festa tornarsene a casa con le sporte cariche di marmellate fatte in casa, pompelmi dai giardini della Liguria marittima e aceto di mele, perché, chi non ha sementi ma li cerca per il proprio orticello urbano o il proprio balcone con vista sul mare, non vuol venire a mani vuote, quindi si munisce di prodotti casalinghi. Anche qui, non è prevista circolazione di denaro, per barattare e non apparire «scroccone», in un contesto d’allegro andirivieni, di curiosità benevola.

Quest’anno si è parlato dell’istituzione dell’«Albo dei contadini custodi», un albo senza troppe formalità, piuttosto un autocertificato elenco degli espositori con le varietà portate al Mandillo. Così facendo, col passare del tempo, si ha la dimensione della ricchezza di varietà scambiate e donate e si possono rintracciare i custodi dei semi.
E’ stata una domenica speciale. Arrivati dalla Toscana, organizzatissimi, quelli di Seed Vicious, dalla Lombardia il gruppo regionale di Civiltà Contadina, dal Veneto gli amici di Coltivar Condividendo, tutti sono stati ben lieti dei chilometri percorsi. Il Mandillo dei semi ha radunato il popolo, appassionato e consapevole dei seedsavers ed aspiranti tali. A Massimo Angelini la parola magari non aggraderà più di tanto, ma certamente e grazie anche a lui, la difesa dal basso della biodiversità passa anche da qui, da Montebruno. Passa anche dal Mandillo.