“Ue e Italia in sintonia su Alitalia”, titolano subito i quotidiani on line dopo l’incontro “positivo e costruttivo”, parola dei ministri Giorgetti, Franco e Giovannini, con Margrethe Vestager, vicepresidente della Commissione europea e commissaria per la concorrenza. Traduzione: si va verso lo “spezzatino” degli asset della compagnia aerea, lo vogliano o meno gran parte degli 11mila addetti diretti di Alitalia e i sindacati che li rappresentano. Solo piloti e assistenti di volo, il cosiddetto settore aviation, hanno già fatto sapere che si può fare, visto che il loro comparto passerebbe alla newco statale Ita, sia pur con una flotta ridotta a meno di 50 aerei dagli attuali 104, e con il rischio di perdere slot importanti, soprattutto all’aeroporto milanese di Linate. Ma gli altri?
Le scarne notizie ufficiali raccontano che la commissaria Ue e i ministri italiani, fra i quali spiccava l’assenza del titolare del Lavoro, Andrea Orlando, “hanno sottolineato la necessità di procedere nel segno della discontinuità”. Quanto alle strategie d’azione, “il confronto tecnico verrà avviato all’inizio della prossima settimana, per valutare nel dettaglio le possibili soluzioni volte a garantire che il nuovo vettore aereo nasca al più presto, nel rispetto delle procedure del diritto nazionale ed europeo”. Un passaggio quest’ultimo che fa capire per l’ennesima volta come, anche in piena pandemia e in un settore come quello del trasporto aereo messo ko dal virus, a Bruxelles si continui a ragionare con gli schemi “privatistici” del passato.
Quanto agli altri rami d’azienda della vecchia Alitalia, i servizi di terra (handling) e la manutenzione, nei piani del governo Draghi, che in questo modo risparmierebbe anche un miliardo circa rispetto ai tre previsti per capitalizzare Ita, potrebbero essere legati alla newco con contratti di servizio con l’amministrazione straordinaria di Alitalia. In seguito il commissario Giuseppe Leogrande, ora affiancato da Daniele Santosuosso, prof di diritto commerciale alla Sapienza, e il giuslavorista Gabriele Fava, procederebbe con un bando di gara. Relativo ai circa 7.000 lavoratori considerati, di fatto, fuori da perimetro di Ita, visto che la newco non potrebbe partecipare al bando per handling e manutenzioni dal momento che avrà avuto un aiuto pubblico per partire. Fatto quest’ultimo, l’unico, su cui Vestager non potrà avere molto da ridire, visti i prestiti statali ottenuti da Lufthansa (9 miliardi) e Air France (7 miliardi) a causa della pandemia.
Sul fronte politico il solo Stefano Fassina di Leu insiste a chiedere conto al governo: “Chiediamo ai presidenti delle commissione Trasporti di fissare al più presto il confronto con i ministri Franco, Giorgetti e Giovannini. Sarebbe grave mettere il Parlamento di fronte ad un insostenibile accordo chiuso con Bruxelles”. Su quello sindacale, Fit e Uilt ripetono: “Bisogna mettere Ita nelle condizioni di poter operare nel mercato, l’ipotesi di una compagnia con 40-50 aerei ci lascia perplessi, se dobbiamo inserire la compagnia nel mercato deve poter competere con gli altri vettori”. Più esplicito il sindacato di base Cub: “Il solito piano della ‘miseria’: licenziamenti, smembramento e ridimensionamento. Altro che rilancio promesso durante l’intera legislatura da due governi consecutivi”.