Dopo mesi di mobilitazioni con richieste di essere ascoltati, il governo incontra i sindacati ben due volte nel giro di poche ore. Prima al ministero del Sviluppo su Alitalia e subito dopo a palazzo Chigi con il sempre presente Di Maio ad affiancare il presidente del consiglio Giuseppe Conte.

Se sul futuro della ex compagnia di bandiera Landini, Furlan e Barbagallo sono rimasti «molto delusi» dalle notizie e dall’atteggiamento del vicepremier M5s, migliori i giudizi all’uscita dalla residenza del premier che ha promesso «confronto in vista della legge di bilancio». Una «novità» apprezzata da Cgil, Cisl e Uil che però non si sbilanciano anche perché scottati da uguale promessa svanita l’anno scorso su Quota 100 e Reddito. Un’ora di colloquio è troppo poco per verificare un reale cambio di atteggiamento da parte del governo del (non) cambiamento, specie per i lavoratori.

«HANNO DICHIARATO un impegno ad avviare un possibile confronto sulla legge di stabilità e sulle tematiche che noi abbiamo messo sul tavolo», spiega Maurizio Landini all’uscita. «Ad oggi non abbiamo risultati che ci fa dire che c’è un cambiamento». C’è «una novità, una cosa che non era mai avvenuta da quando c’è questo governo, che alla luce delle mobilitazioni che abbiamo messo in campo dice che è pronto a confrontarsi», continua il segretario generale della Cgil: «Se davvero quelle di oggi non sono solo parole, siamo pronti anche nelle prossime settimane a misurare se questi cambiamenti ci saranno o no», dice con riferimento allo sciopero generale più volte evocato per il prossimo autunno. E che Conte e Di Maio ieri hanno deciso di evitare precedendo nell’incontrare Cgil, Cisl e Uil quel Salvini che li aveva invitati al Viminale (sic) dopo la manifestazione di Reggio Calabria.

«Abbiamo chiesto a Conte – ha spiegato leader della Cisl Annamaria Furlan – quale tipo di rapporto vuole con noi. Il premier ha posto attenzione alla nostra piattaforma e ha detto di volere un confronto serio. Ci manderà le priorità, noi manderemo le nostre e vedremo se, dopo tanti tentativi andati male, ci sarà un confronto serio».

«SI SONO IMPEGNATI a fare un percorso con noi. Sarò soddisfatto quando arriveremo ai risultati, però il cambio di impostazione lo devo sottolineare»: così il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo.

L’incontro di poco prima al Mise si era risolto invece in «un aggiornamento» a dieci giorni dalla – presunta – scadenza della telenovela Alitalia. Per confermare che il governo non sa che pesci pigliare ed è ancora alla disperata caccia di un socio per tenere in piedi la traballante cordata guidata da Fs per salvare l’ex compagnia di bandiera.

PER LA PRIMA VOLTA spalleggiato dal sottosegretario al lavoro Claudio Durigon a conferma che la Lega vuole dire la sua sulla vicenda Alitalia come su tutti i troppi dossier finora non risolti dal biministro M5s, Luigi Di Maio ha deluso totalmente i sindacati convocati in quindici sigle.

L’unica novità di giornata è la proposta di interesse pervenuta da parte di Avianca, la compagnia di bandiera colombiana per tramite di German Efromovich, eccentrico imprenditore di origine polacca che è diventato il salvatore delle compagnie aeree in difficoltà nell’America latina già finito nei Panama Papers per investimenti offshore. L’alternativa per il governo è affidarsi a Claudio Lotito – che però gli advisor stanno bloccando – o all’ex capitano coraggioso Toto che tratta direttamente con Fs.

IL CONVITATO DI PIETRA Atlantia invece «non ha presentato offerte». Ed è normale che sia così per chi rischia di perdere le concessioni autostradali e finché non le avrà garantite di certo non rischierà di imbarcarsi in una avventura assai rischiosa. Di Maio precisa che «non ci sono preclusioni» ma per accettarla nella compagine dovrebbe rimangiarsi le accuse ai Benetton&co di qualche giorno fa – «Atlantia senza concessioni è decotta, se la mettiamo dentro Alitalia farà perdere valore anche agli aerei». Così siamo ancorati al solito terzetto già annunciato a inizio anno: Fs capofila, Delta Airlines partner industriale ma con solo 100 milioni e il resto sulle spalle di un recalcitrante Mef con il ministro Tria che vede l’impegno richiesto – convertendo il prestito ponte – come fumo negli occhi. Il miliardo di capitale – soglia minima per vivacchiare tra i giganti del cielo – stimato da Di Maio sarebbe così per 900 milioni di capitale parapubblico.

Basterebbe questo per confermare che l’Alitalia è lontanissima dal «rilancio» promesso da Di Maio. Molto più probabili invece «esuberi» e «tagli» di cui già si vocifera. Per tutte queste ragioni i sindacati confederali hanno confermato lo sciopero dell’intero settore aereo di venerdì 26 luglio, una data da bollino rosso che conferma la gravità della situazione. Per quel giorno si spera di conoscere la cordata completa – promessa per il 15, data già procrastinata tre volte – ma di certo non si sarà il piano industriale che la capofila Fs si guarda bene dal voler anticipare.