Nel giorno dello sciopero nazionale del trasporto aereo, scoppia la rabbia dei quasi 8 mila esuberi Alitalia, intrappolati nel decollo «modello Fca» della nuova compagnia Ita.

Mentre in media il 90% dei lavoratori aderisce allo sciopero in tutti gli scali – con i conseguenti disagi per i viaggiatori – a Fiumicino la protesta porta all’occupazione degli accessi all’aeroporto, con ripercussioni sulla autostrada Roma-Fiumicino.

Momenti di tensione verso le 12 e 30 fra la testa del corteo e le forze dell’ordine, sovrastate in numero dai manifestanti. Qualche contuso fra gli agenti, ma la calma è subito tornata così come la solidarietà di altri lavoratori e di alcuni automobilisti è continuata nel pomeriggio con il personale del comune di Fiumicino che ha fornito acqua e te a manifestanti e forze dell’ordine, con la manifestazione che si è conclusa verso le 17 e 30 al Terminal 3 delle partenze.

A SURRISCALDARE GLI ANIMI ha certamente contribuito il dibattito parlamentare di giovedì sulla questione Ita-Alitalia che non ha portato a nessun impegno per il governo. Come ha sottolineato nel suo intervento al presidio di Fiumicino Stefano Fassina «in aula alla Camera la mozione su Alitalia, presentata da tutti i gruppi di maggioranza, se fosse stata messa ai voti, sarebbe passata nonostante il parere contrario del governo – ha denunciato Fassina – . Soltanto un pilatesco e umiliante rinvio ha evitato un chiaro messaggio politico: il management di Ita e i suoi mandanti a Palazzo Chigi non hanno la legittimazione democratica per procedere sulla linea di negazione dei diritti fondamentali di lavoratrici e lavoratori: quando un’azienda pubblica al 100%, come Ita, disapplica il Contratto nazionale, assegna gare al massimo ribasso e senza clausola sociale e nega il confronto con le organizzazioni sindacali tutti sono in pericolo», ha concluso il deputato di Leu.

«Sono mesi che chiediamo al governo di intervenire, ma siamo inascoltati – ha denunciato sempre al presidio il segretario nazionale Filt Cgil Fabrizio Cuscito – . Quello che possiamo assicurare è che non ci fermeremo».

NEL FRATTEMPO ITA VA AVANTI nel suo piano che la farà decollare nana. Sono iniziate le chiamate individuali per le 2.800 assunzioni per partire il 15 ottobre che prevedono la firma di un «regolamento aziendale» con taglio del 40% del salario, senza 14esima mensilità, taglio di 24 riposi l’anno su 120 e azzeramento dell’anzianità rispetto aI contratti Alitalia.

«È necessario applicare il contratto nazionale, avere un piano industriale serio e non è accettabile che chi ha il mandato per il governo di gestire questa trattativa con soldi pubblici pensi di poter licenziare, non applicare l’accordo e abbassare diritti e salari», spiega il segretario generale della Cgil. Per Landini «i lavoratori si stanno battendo per dare una compagnia aerea degna di questo nome al nostro paese» e «ci sono le condizioni per fare una compagnia che sia in grado di agire sul lungo raggio, di avere nuovi aerei, che utilizzi tutte le competenze».

Da parte sua il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha annunciato di aver «convocato il tavolo con i sindacati per la prossima settimana per affrontare un pezzo del problema, cioè quello degli ammortizzatori sociali (con i sindacati che chiedono la cassa integrazione fino al 2025, anno della conclusione del piano Ita, ndr) e per Ita non posso che auspicare che ci sia una ripresa del confronto che riporti la situazione in un alveo».

INTANTO I COMMISSARI di Alitalia – in continua crisi di liquidità anche per gli “sconti” che devono applicare a Ita – hanno comunicato che lunedì 27 pagheranno solo il 50% degli stipendi dovuti ai 10.500 attuali lavoratori in cig a rotazione.

Per i sindacati Filt Cgil, Fit Cisl e Uilt lo sciopero ha visto «un’adesione molto alta, con punte del 100% in alcuni aeroporti». Oltre ad Alitalia-Ita ci sono le crisi delle compagnie Norwegian, Ernest e Blue Panorama, il rifinanziamento del Fondo Trasporto aereo: per tutti questi motivi «la mobilitazione continua ad oltranza fino a quando non riceveremo risposte adeguate».

BEN TRE SONO LE COMPAGNIE in Italia ad aver aperto procedure di licenziamento o ad essere fallite: Air Italy con 1.500 addetti, Norwegian con 320 , Ernest Airlines con 100 addetti. Per loro la cassa integrazione potrà essere solo fino a fine anno.